Thich Nhat Hanh – Tu sei i tuoi figli

padre e figlio

Un dialogo vero e costruttivo tra genitori e figli può nascere solo dalla constatazione di non essere separati, secondo Thich Nhat Hanh. Tutto ciò che ciascuno fa riguarda profondamente anche l’altro.

Un padre o una madre devono ascoltare i figli. È importantissimo: tuo figlio è te stesso, tua figlia è te stesso. Tuo figlio è la tua continuazione. Il tuo compito più importante è ripristinare la comunicazione fra voi. Se il tuo cuore ha qualche problema, se il tuo stomaco non è in buona salute, non ti viene in mente di estirparli e gettarli via! Non puoi dire: “Tu non sei il mio cuore! Il mio cuore non si comporterebbe in questo modo. Tu non sei il mio stomaco! Il mio stomaco non si comporterebbe in questo modo. Non voglio più avere niente a che fare con te!”. Non è intelligente. Ma forse parli così a tuo figlio o a tua figlia, e neanche questo è intelligente.

Madre, nel momento in cui tuo figlio o tua figlia vengono concepiti nel tuo grembo, tu ti consideri una cosa sola con il feto. Forse hai anche aperto una conversazione con il bambino, e gli parli con amore: “Stai tranquillo, mio caro.

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So che ci sei”. Fai caso a quello che consumi, perché qualunque cosa tu mangi o bevi sarà mangiato e bevuto anche dal bambino; le tue preoccupazioni e le tue gioie sono le preoccupazioni e le gioie del tuo bambino: tu e il tuo bambino siete una cosa sola.

Una volta messo al mondo il bambino, una volta tagliato il cordone ombelicale, questa consapevolezza della vostra unità comincia a svanire; dodici o tredici anni dopo hai dimenticato completamente che tuo figlio è te, che tua figlia è te: li consideri entità separate rispetto a te. Hai dei problemi con loro.

Avere problemi con un figlio è come avere problemi con lo stomaco, il cuore, i reni. Se pensi che il figlio sia un’altra persona, un’entità separata, dirai forse: “Vattene! Non sei più mio figlio! Non sei più mia figlia! Mio figlio non si comporterebbe in questo modo. Mia figlia non si comporterebbe in questo modo”. Ma proprio come non puoi dire una cosa del genere al tuo stomaco o al tuo cuore, non la puoi dire a tuo figlio o a tua figlia. Il Buddha ha affermato: «Non esiste un sé separato».

Tu e tuo figlio, tu e tua figlia non siete altro che la prosecuzione di numerose generazioni di antenati; fate parte del lungo flusso della vita. Tutto ciò che fa tuo figlio continua a riguardarti profondamente, proprio come quando lo portavi in grembo. Tutto ciò che fai tu lo riguarda ancora profondamente, perché non potrà mai essere separato da te. La tua felicità e la tua sofferenza sono la felicità e la sofferenza di tuo figlio e viceversa. Ecco perché devi investire te stessa al cento per cento per ripristinare la comunicazione fra voi.

L’inizio di un dialogo

La confusione e l’ignoranza fanno sì che i genitori credano di essere gli unici a soffrire: sono convinti che i figli non soffrano affatto. Ma, di fatto, ogni volta che stai male tu, sta male anche tuo figlio, sta male anche tua figlia: tu sei in ogni cellula del loro corpo. Ogni emozione, ogni percezione in uno dei tuoi figli è la tua emozione e la tua percezione. Per questo dobbiamo tenere a mente l’intuizione profonda che avevamo avuto all’inizio: tu e lui, tu e lei, siete una cosa sola, lì invito ad aprire un dialogo con tuo figlio o tua figlia.

In passato puoi avere fatto degli errori, per esempio puoi aver fatto del male al tuo stomaco. Il tuo modo di mangiare, di bere, di preoccuparti ha avuto un grande impatto sul tuo stomaco, sul tuo intestino, sul tuo cuore. Tu sei responsabile del tuo cuore, del tuo intestino, del tuo stomaco. Allo stesso modo, tu sei responsabile di tuo figlio, di tua figlia. Non puoi negarlo. Sarebbe molto più saggio andare da lui o da lei e dire: “Mio caro, mia cara, so che soffri. Per molti anni hai sofferto molto. Quando soffri tu, soffro anch’io. Come potrei essere felice, quando i miei figli soffrono? Così, riconosco che soffriamo entrambi. Possiamo farci qualcosa? Possiamo incontrarci e cercare una soluzione? Possiamo parlarne? Io desidero davvero recuperare la comunicazione, ma da solo – o da sola – non posso fare molto. Ho bisogno del tuo aiuto”.

Se tu, padre o madre, sei capace di dire cose come queste a tuo figlio, puoi modificare la situazione perché sai usare la parola amorevole. Il tuo linguaggio nasce dall’amore, dalla comprensione, dall’illuminazione: l’illuminazione sul fatto che tu e tuo figlio siete una cosa sola e che la felicità e il benessere non sono solo questioni individuali ma vi riguardano entrambi. Quindi quello che dici a tuo figlio deve provenire dal tuo amore e dalla tua comprensione, la comprensione del fatto che non esiste un sé separato. Puoi parlare in quel modo proprio perché capisci la vera natura di te stesso e quella di tuo figlio. Sai che tua figlia è così come perché tu sei così come sei. Voi siete interdipendenti. Tu sei come sei perché tuo figlio è come è. Non siete separati.

Addestra te stesso nell’arte di vivere in presenza mentale; addestrati fino a divenire così abile da riuscire a ripristinare la comunicazione. “Caro figlio mio, so che tu sei me. Tu sei la mia continuazione e quando tu soffri, io non posso essere felice; quindi incontriamoci e tiriamo fuori quello che abbiamo da dirci. Ti prego, aiutami.” Anche il figlio può imparare a parlare in questo modo perché comprende che se suo padre soffre neanche lui potrà essere felice. La pratica della presenza mentale lo può mettere in contatto con la realtà dell’assenza di un sé separato, insegnandogli a ripristinare la comunicazione con suo padre.

Da: Thich Nhat Hanh, Spegni il fuoco della rabbia. Governare le emozioni, vivere il nirvana, Mondadori, 2009

Spegni il fuoco della rabbia. Governare le emozioni, vivere il nirvana

Spegni il fuoco della rabbia. Governare le emozioni, vivere il nirvana
2.500 anni fa il Buddha comprese che all'origine dell'infelicità vi sono tre cause: l'errata conoscenza, il desiderio ossessivo e la rabbia. Di esse la più pericolosa è la rabbia, capace in un solo istante di minare sino alle fondamenta  il corpo e l'anima. Ma la profonda comprensione di questa emozione rende possibile riconoscere, circoscrivere e alleviare la sofferenza causata dalla rabbia, che diventa mezzo per trasformare noi stessi e far emergere la nostra bontà primordiale.
[La foto su padre e figlio è di Ivan Babydov, Russia]

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