
Per chi pratica la meditazione è fondamentale vivere ogni atto della vita quotidiana in presenza mentale, concentrandosi come se fosse la cosa più importante della vita, vivendolo come un vero e proprio rito.
Immaginate una muraglia dalla cui sommità si possa vedere in lontananza; l’unico mezzo per arrivare in cima, però, è un filo sottile che penzola giù ai due lati del muro. Una persona intelligente legherà uno spago più spesso a un’estremità del filo, girerà intorno al muro e tirerà il filo portando lo spago a sé. Poi legherà il capo dello spago a una fune robusta e getterà la fune dall’altra parte. Quando la fune sarà arrivata a terra, e quando l’avrà ben fissata all’altro lato del muro, gli sarà facile arrivare in cima.
Il respiro è come quel fragile pezzo di filo. Ma se sappiamo usarlo, può diventare uno strumento straordinario che ci aiuta a superare situazioni apparentemente insormontabili. Il respiro è il ponte fra il nostro corpo e la nostra mente, l’elemento che li riconcilia e garantisce l’unità di corpo e mente. Il respiro partecipa di entrambi ed è l’unico strumento che può riunificarli, illuminarli e donare a entrambi pace e calma.
Gli enormi benefici di una corretta respirazione sono ampiamente documentati. Chi sa respirare, si dice, può disporre di una riserva inesauribile di vitalità: la respirazione tonifica i polmoni, rinforza il sangue e rivitalizza tutti gli organi del corpo. Si dice anche che respirare bene è più importante che mangiare. Sono tutte affermazioni corrette.
Anni fa ero gravemente malato. I farmaci e le terapie cui mi ero sottoposto per anni non mi avevano giovato. Così mi rivolsi al metodo della respirazione, e grazie a questo, recuperai la salute.
Il respiro è uno strumento. Il respiro è già presenza men tale. Servirsi del respiro come strumento può far ottenere enormi benefici, ma non li si deve considerare come fini a se stessi. Questi benefici sono soltanto effetti secondari della presenza mentale.
Nel mio piccolo gruppo di meditazione per non vietnamiti ci sono molti giovani. Ho detto loro che meditare un’ora al giorno va bene, ma che non è niente affatto sufficiente. La meditazione va praticata camminando, stando in piedi, stando distesi e lavorando, mentre ci laviamo le mani, lavando i piatti, spazzando il pavimento, bevendo il tè, conversando con gli amici, qualunque cosa facciamo: “Mentre lavate i piatti forse pensate al tè che vi aspetta, perciò cercherete di sbrigarvela il prima possibile per andarvi a gode re la vostra tazza di tè. Ma questo significa che mentre lavate i piatti siete incapaci di vivere. Quando lavate i piatti, lavare i piatti dev’essere la cosa più importante della vostra vita. Allo stesso modo, quando bevete il tè, bere il tè de v’essere la cosa più importante della vostra vita. Quando andate al gabinetto, prendetela come la cosa più importante della vostra vita”. E via di questo passo.
Tagliare la legna è meditazione. Portare l’acqua è meditazione. Siate consapevoli ventiquattr’ore al giorno, non solo durante l’ora che dedicate alla pratica formale, alla lettura dei testi o alla preghiera. Ogni atto va accompagnato dalla presenza mentale. Ogni atto è un rito, una cerimonia. Portare alla bocca la tazza di tè è un rito. La parola ‘rito’ è troppo solenne? Io la uso per farvi intuire l’importanza capitale della consapevolezza.
Da: Thich Nhat Hanh, Il miracolo della presenza mentale, Astrolabio Ubaldini, 1992.
Prova uno dei nostri esercizi per la presenza mentale nella vita quotidiana:
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