
La pittura zen, secondo Alan Watts, è uno strumento perfetto per l’espressione di una sicura spontaneità, e un solo tocco basta per “svelare” il carattere della persona a un esperto osservatore.
La pittura più affine alla sensibilità zen era di stile calligrafico, fatta con inchiostro nero su carta o su seta — di solito quadro e poesia insieme. L’inchiostro nero cinese permette una grande varietà di toni, resi secondo la quantità d’acqua, e l’inchiostro stesso varia enormemente in qualità e in “tinte” di nero. L’inchiostro è condensato in bastoncini, e si prepara versando un po’ d’acqua in un piatto di pietra, sul quale si passa il bastoncino finché il liquido non sia della densità richiesta.
Si scrive o si dipinge con un pennello dalla punta sottile infilato in un’asticciola di bambù, pennello che si tiene diritto senza posare il polso sopra la carta, e i cui soffici peli permettono la massima versatilità di tocco. Dato che il pennello ha un tocco così leggero e fluido e deve muoversi continuamente sul foglio assorbente se si vuole che l’inchiostro fluisca con regolarità, il suo controllo richiede un movimento libero della mano e del braccio come se l’artista stesse danzando piuttosto che scrivendo su carta.
In breve, è uno strumento perfetto per l’espressione di una sicura spontaneità, e un solo tocco basta per “svelare” il carattere della persona a un esperto osservatore.
Da: Alan Watts, La via dello zen, Feltrinelli, 2013.
Per approfondire:
La via dello zen

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