
Per liberarci dal critico interiore, dobbiamo capire come eliminare la sua autorità negativa. In breve, la nostra terapia deve comprendere saggezza, forza e amore. È un lavoro che richiede molta pratica.
Il critico interiore: cos’è e come agisce
Per quanto si faccia, non si può compiacere il proprio critico interiore.
Non si può ingannarlo. Il critico conosce ogni vostra mossa, ogni trucco, ogni momento del vostro passato. È stato con voi per tutta la vita. Quando fate la doccia, lui è lì. Quando lavorate, è lì. Siede con voi a ogni pasto, ed è presente anche al dessert. È lì durante e dopo il sesso. E, sì, è lì anche quando morite.
Il critico confronta, elogia, sminuisce, svaluta, invalida, incolpa, approva, condanna e attacca il vostro aspetto, le prestazioni lavorative, il modo in cui trattate le relazioni, gli amici, la salute, la dieta, le speranze, i sogni, i pensieri e lo sviluppo spirituale. Scegliete qualcosa, qualsiasi cosa: per lui è tutto intercambiabile. Diciamoci la verità: agli occhi del critico, niente è abbastanza buono.
Il critico si impone e richiede che si rispettino regole e codici morali. È la sua voce che dice: «O fai così o sei perduto». E brandisce brutalmente le armi della paura, della vergogna e del senso di colpa per farci fare ciò che vuole.
Spesso, nei momenti in cui siamo più vulnerabili, quando avremmo bisogno di tenerezza, ci puniamo con l’autocritica. Anche alla fine della vita, le persone guardano al passato con rammarico, sono ossessionate dal ritornello «e se solo» o si dicono che non stanno morendo bene. Gli amici e i parenti aggiungono altri sensi di colpa proiettando la voce del loro critico interiore nella mente del moribondo, e suggerendo che dovrebbe lottare con più forza o che dovrebbe lasciar andare la vita con più stile.
Il critico interiore teme i cambiamenti, le variazioni di identità, la creatività e il lavoro interiore, ed è assolutamente terrorizzato da tutto ciò che emerge dal profondo. Il giudice preferisce lo status quo, il familiare, il prevedibile. Punta all’omeostasi. «Non scuotere la barca» ci avverte. «Non è sicuro.»
Ecco perché focalizzarsi sul proprio miglioramento o fare qualsiasi tentativo di risolvere ciò che il critico considera «un problema» non funziona mai. Inseguendo l’approvazione degli altri, conformandoci a standard esterni e cercando di compiacere tutti, cerchiamo l’amore proprio nei posti sbagliati. La lode e il biasimo sono sintomi di una malattia infettiva e, come succede in ogni malattia, non dobbiamo trattare i sintomi, ma le cause sottostanti. Abbiamo bisogno di andare al cuore del problema. Abbiamo bisogno di vedere come l’abitudine costante all’autocritica diminuisca la nostra forza vitale, rubi la pace interiore e incrini l’anima.
Impariamo presto a cercare la perfezione, il che, per la maggior parte di noi, diventa una dipendenza. È una ricerca condotta dall’ego che può facilmente oscurare il viaggio dell’anima verso l’interezza. Ecco perché, per sperimentare il nostro sé intero, dobbiamo esaminare la voce interiore del critico, ormai diventata inconscia e corrosiva. Si tratta del primo ostacolo all’accettazione di noi stessi, alla fiducia e all’espansione del nostro potenziale dinamico. La voce blocca la crescita, arresta lo sviluppo, ci toglie la forza e rende abituali i pensieri negativi. Inoltre, il giudice ci impedisce di connetterci e di empatizzare con gli altri. È probabile che, se siamo molto critici verso noi stessi, lo saremo anche verso gli altri, magari anche solo a livello mentale.
Quando sviluppiamo il nostro intero sé, dobbiamo includervi le cose negative; dobbiamo far spazio sia alle macchie che alla purezza, sia alla forza che alla vulnerabilità, sia ai successi che alle sconfitte. I giudizi si focalizzano su ciò che è sbagliato, secondo una mentalità «o… o». Invece, abbracciare l’interezza è un atto d’amore che adotta una mentalità «e… e».
Per liberarci dal critico interiore, dobbiamo comprendere qualcosa della sua origine, come ci influenza e come possiamo eliminare la sua autorità negativa. In breve, la nostra terapia deve comprendere saggezza, forza e amore.
Esistono numerosi libri che offrono infinite strategie sul modo di difenderci dal critico interiore. Per me, tutto si riduce a questo: trovare il coraggio di fronteggiare una potente forza coercitiva. Concordo con il poeta Edward E. Cummings, che scrisse: «Ci vuole coraggio per crescere e diventare ciò che siete veramente».
Una volta, mentre parlavo in pubblico del critico interiore, una donna alzò la mano e chiese la parola. La sua frustrazione era palpabile, era rossa in volto e tremava dalla testa ai piedi. «Non riesco a sconfiggere il critico interiore» disse. «Ha sempre la meglio su di me. Perché sono così debole?»
Avvicinai una sedia alla sua e vi salii sopra, cosicché ero più alto di lei di circa un metro. Poi le puntai un dito contro e dissi con voce ferma e forte: «Tu sei cattiva!».
Lei si mise a ridere, «Oh, sì, è proprio così» disse. «Questo è il modo in cui il critico interiore ha la meglio su di me. Ecco perché mi sento debole. Quando ero bambina, non potevo combattere contro quella voce da adulto. Era troppo grande, troppo potente.»
Allora le chiesi di salire lei sulla sedia, in modo da essere più alta di me. Le insegnai a respirare profondamente, a sentirsi a suo agio nel corpo, a centrarsi nella consapevolezza e a pensare alla sua innata bontà. «Ora, come risponderebbe al critico interiore quando le dice che è cattiva? Si sente debole?» domandai.
«Non parlarmi in quel modo» disse lei con voce forte e sicura. «Mi fai male quando mi parli così. E non mi aiuti a migliorare.»
Esprimere le verità emotive, disinteressarsi dei consigli del critico, usare l’umorismo, stare connessi con il centro fisico, imbrigliare la propria forza: tutte queste strategie portano a riprendere contatto con il dinamismo della nostra natura essenziale. Quando riusciamo a respingere un attacco e ci liberiamo del critico interiore, possiamo avvertire un aumento dell’energia fisica, una liberazione dalla tensione e una respirazione più fluida. Emotivamente, possiamo sentire una maggior fiducia e una maggior compassione per ciò che ci ferisce. Mentalmente, otteniamo più chiarezza e meno confusione. Dobbiamo comunque essere pronti a provare sentimenti e sensazioni residuali, domande e dubbi che continueranno per un po’. In altri termini, non aspettiamoci di sentirci subito energici e sicuri.
Difenderci dal critico interiore è un lavoro duro. Ci vuole pratica.
Da: Frank Ostaseski, “Cinque inviti. Come la morte può insegnarci a vivere pienamente“, Mondadori, 2020.
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