A me piace invecchiare. A voi no?
Trovo che invecchiare sia una cosa stupenda, una delle più belle manifestazioni della vita. Voi no? Beh, mi rendo conto che sto dicendo una cosa non proprio condivisa da tutti. Ed è un peccato, perché tentare di opporsi a quel fenomeno a dir poco inevitabile che è l’invecchiamento, non fa altro che aggiungere altra ansia alla nostra vita già così complicata. Ma è un’ansia di cui potremmo fare tranquillamente a meno.
In questo momento ho quasi 58 anni. Ho abbondantemente passato la metà della durata probabile della mia vita. D’ora in poi le cose non possono che peggiorare, dal punto di vista di chi pensa che invecchiare sia un male. Ma io non lo penso. Anzi, la mia esperienza personale mi dice proprio il contrario.
Invecchiare è parte della nostra vita
Ovunque io rivolga il mio sguardo, noto che tutto è in continua trasformazione. Se vedo un bocciolo, mi immagino che presto si trasformerà in un bellissimo fiore. Se contemplo un bellissimo fiore, so che in pochi giorni appassirà. Poi si trasformerà in concime per fa crescere altri fiori. Se vedo un bambino, leggo nei suoi occhi il desiderio di trasformarsi al più presto in una persona adulta. Se vedo un’invitante fetta di torta al cioccolato, so che entro pochi minuti me la sarò mangiata tutta ed essa sarà entrata a far parte di quella cosa che io vedo come “me”. Perfino se guardo un film, vedo che la storia va avanti, i personaggi vanno e vengono e so che a un certo punto finirà, ma questo non mi mette ansia.
Potrei andare avanti all’infinito, con l’elenco delle cose che cambiano, a volte per scomparire. Se lo facessi veramente, questo bel pomeriggio di sole in cui scrivo si trasformerebbe in notte. C’è qualcosa di sbagliato in tutto questo?
La costante trasformazione di tutto – l’impermanenza – è una delle più grandi intuizioni del buddhismo. Una pratica buddhista molto bella è quella delle “5 rimembranze”, che consiste nel ricordarsi ogni giorno quali sono le cose fondamentali della vita che non possiamo evitare in alcun modo: invecchiare, ammalarsi, morire, separarsi da ciò che si ama, subire le conseguenze delle proprie azioni. Non è una pratica masochistica, ma al contrario un potente antidoto contro la paura costantemente presente in noi.
Invecchiare è qualcosa che ci accompagna sempre, sin da quando siamo bambini. Anzi, da subito. Il giorno dopo che siamo nati, già siamo più vecchi di un giorno. Per fortuna, in quella fase della vita non abbiamo ancora idee su come le cose dovrebbero essere. Perciò le viviamo e basta. Nel nostro corpo avviene di continuo qualcosa di sensazionale: ogni minuto migliaia di cellule muoiono e più o meno altrettante nascono. Dopo qualche anno, di quello che eravamo non è rimasto praticamente più nulla.
Il corpo che si trasforma
Forse i cambiamenti più stupefacenti li subisce la pelle, quella membrana che è la nostra “interfaccia” verso il mondo e all’interno della quale pensiamo sia racchiuso il nostro io. Appena usciamo dal ventre materno, siamo avvolti da un superficie umida e grinzosa, che presto si trasformerà in quella pelle liscia da bambino che tutti vogliono baciare, ma della quale al bambino stesso non frega proprio niente. Finché non arriva la pubertà, e allora vorremmo che quella pelle invecchiasse al più presto, per farci crescere quei peli che ci daranno l’aspetto da adulti; ma soprattutto per farci sparire dalla faccia tutti quei brufoli, che abbiamo invano tentato di eliminare con ogni sorta di rimedio. Poi abbiamo di nuovo una pelle socialmente accettabile, a patto che non sia mai troppo naturale. Ma molto presto le prime rughette cominciano ad avvertirci che gli anni passano, finché, guardandoci allo specchio, dobbiamo ammettere la realtà. Ci presentiamo al mondo pieni di macchie e di irregolarità, che è sempre più difficile occultare.
Una volta dissi a mia madre ottantenne: “lo sai che oggi è il compleanno di Laura? Compie 50 anni”. Lei mi rispose: “Beata lei!”. Laura, nel frattempo, era indecisa se festeggiare o meno quel giorno che considerava infausto, perché si sentiva vecchia!
Lottare contro l’invecchiamento
La lotta contro l’invecchiamento è a dir poco vana. Allora perché insistiamo? Una motivazione ce la dà sicuramente la tecnologia, quell’estensione del nostro sé che ci accompagna da decine di migliaia di anni. Quando per l’appunto si fa notte, abbiamo a disposizione un’arma fenomenale contro l’ineluttabilità del buio, che è l’illuminazione artificiale. Questo ha cambiato parecchio la nostra percezione del mondo, facendoci illudere che sia possibile controllare ogni cosa. Anche l’allungamento della vita, in fin dei conti, ce lo siamo procurati da soli, a suon di medicine.
Ma per quanto siamo bravi, anche individualmente, con le nostre pratiche salutiste, l’invecchiamento proprio non possiamo evitarlo. Allora perché non ce lo godiamo?
Il problema di fondo è, come sempre, il nostro sentirci separati. Dagli altri e dal resto della realtà. Crediamo così tanto in questo “io” separato, che vorremmo attraversare indenni e immutabili un mondo che è in continua trasformazione. Se riuscissimo a vedere che anche noi siamo parte di quella trasformazione, e a pieno titolo, non sentiremmo l’invecchiamento come un problema. Provo a immaginarmi come sarebbe, se un genio della lampada mi consentisse di non invecchiare. Credo che la mia vita si trasformerebbe in una specie di incubo. Mentre tutti i miei coetanei crescono, creano delle famiglie e fanno cose, io rimango un ragazzo, sempre uguale. Sarei la fotografia di me stesso, bloccato in una forma statica mentre tutto il resto pulsa di vita, scorre e si trasforma.
C’è l’idea di fondo di essere sempre la stessa persona, che “subisce” l’invecchiamento. Ma non siamo sempre la stessa persona! A parte il discorso delle cellule, la mia persona si crea di continuo nell’interazione col resto della realtà, dalle cose che mangio a ciò che leggo e osservo, dalle conversazioni con gli altri alle relazioni di tipo emozionale. Come posso dire che il Paolo che adesso sta scrivendo è lo stesso di quello che cercava di buttare giù dei “pensierini” sul quaderno, sotto lo sguardo attento della maestra elementare?
Invecchiare mi fa sentire vivo
Tutti conosciamo la differenza tra ciò che è vivo e ciò che non lo è. Se mi dimentico una penna nella tasca di una giacca riposta per il cambio di stagione, la ritrovo l’anno dopo più o meno tale e quale. Se ci avessi lasciato un’albicocca, non sarebbe la stessa cosa.
Ecco. Invecchiare mi fa sentire vivo. Se chiudo gli occhi, sento il mio respiro che incessantemente crea movimento nel mio corpo, e lo fa in modo sempre diverso. Che bello sentirsi vivi! Nella vita che va avanti, senza una direzione precisa, ci sono continue novità. Le posso vedere direttamente nel corpo. Ma anche nelle relazioni con le altre persone, a partire da quella con la compagna della mia vita. Com’è avere 90 anni? Mi piacerebbe proprio saperlo, se ci arriverò.
Devo ammettere che godersi l’invecchiamento non è facile per tutti. Servono soprattutto due cose: la curiosità verso tutto ciò che è nuovo o sconosciuto; la consapevolezza di non essere entità separate dal resto della realtà. La pratica ci aiuta a svilupparle entrambe.
Potreste dire che faccio questi discorsi perché non sono veramente vecchio e malandato. Se avessi 90 anni e fossi seduto su una sedia a rotelle, senza più un dente sano, ragionerei così? Non lo so. Se ci arriverò, ne riparleremo.
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