Incontro online del 31 mag 21: un mondo di onde

onda

In sintesi – In questo incontro del Sangha di Zen in the City abbiamo visto come l’onda – ovvero il movimento ondulatorio o vibrazione – sia una caratteristica fondante di buona parte della realtà. Lo è per esempio del suono, della luce e di molti altri fenomeni. Il ciclo di vita e morte può essere incluso in questa dimensione ondulatoria che abbraccia l’esistenza. Per comprenderlo in profondità, possiamo come al solito praticare osservando il corpo, in particolare la respirazione.

Letture di riferimento

1

Alan Watts – La resistenza al cambiamento è ignorare che il cambiamento stesso è vita

2

Se nirvana è “espirazione”, essa è l’atto di chi ha capito l’inutilità di cercare di trattenere il respiro o la vita (prajna) indefinitamente, poiché trattenere il respiro significa perderlo. Allora, nirvana è l’equivalente di moksha, sollievo o liberazione. Da un lato, essa appare come disperazione — il riconoscimento che la vita, in fondo, elude i nostri sforzi di dominio, che tutti gli sforzi umani altro non sono che una mano evanescente afferrata alle nuvole. Dall’altro, questa disperazione prorompe in gioia e potere creativo, in base al principio che perdere la vita significa trovarla — trovare la libertà d’azione emancipata dall’auto-frustrazione e dall’ansietà insite nel tentativo di salvare e controllare l’io. (Da: Alan Watts, La via dello zen, Feltrinelli, 2013)

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3

Se ci impegniamo a farlo, possiamo evocare intenzionalmente un’attitudine al morire interiormente rispetto alle preoccupazioni abituali e alle ossessioni della mente, almeno per un certo tempo, e aprici sempre di più, ad ogni respiro e in ogni momento, alla ricchezza di questo momento di vita. (Da un discorso di Jon Kabat-Zinn)

4

Quando fai questa pratica non ti puoi più arrabbiare per un nonnulla. Se ti interessa di più inspirare che espirare, invece, ti arrabbierai con una certa facilità; cerchi sempre di restare vivo. […] È molto importante prendersi cura dell’espirazione. Morire è più importante che cercare di restare in vita. Quando continuiamo a cercare di restare vivi abbiamo problemi; invece di cercare di essere vivi o attivi, se riusciamo a essere calmi e a svanire nella vacuità allora staremo bene, naturalmente. Il Buddha si prende cura di noi. Poiché abbiamo abbandonato il seno di nostra madre non ci sentiamo più come il suo bambino. Eppure sfumare nella vacuità può dare la stessa sensazione di quando eravamo attaccati al seno di nostra madre: sentiremo che lei si prenderà cura di noi. Da; Shunryu Suzuki, “Lettere dalla vacuità. Lo zen e l’arte di vivere“, Mondadori, 2005.

Esercizio

L’esercizio proposto si è basato su un’osservazione del proprio respiro in 3 fasi:

  1. osservare il ritmo del respiro e seguirlo;
  2. osservare le differenze tra inspirazione ed espirazione, dal punto di vista fisico, energetico ed emotivo;
  3. concentrarsi unicamente sull’espirazione, per perdere la propria attenzione nella vacuità.

La condivisione è stata effettuata suddividendoci in piccoli gruppi.

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