
In sintesi – L’incontro è stato quasi preceduto da un discorso sulla condivisione nel sangha, cioè sul colloquio che avviene nel gruppo a compendio della pratica di meditazione, di solito nella parte finale di un incontro. Ne è emerso che la condivisione è una pratica a tutti gli effetti, che ha un suo potere intrinseco di facilitare la comprensione della realtà. È seguita una breve meditazione guidata Poi la sessione è stata suddivisa in alcuni sottogruppi, all’interno dei quali è avvenuta la condivisione. Quest’ultima è facilitata quando la dimensione del gruppo è piccola.
Aspetti principali della condivisione
1. Esercitarsi nell’ascolto profondo nella relazione con l’altro
2. Esercitarsi nella parola consapevole
3. Inclusività: parlare facendosi capire da tutti, permettere a tutti di parlare, dire il proprio nome
4. Capire che i nostri problemi e le nostre aspirazioni sono universali
5. Esercitare il non giudizio
6. Comprendere il Dharma attraverso l’esperienza reale
Letture di riferimento
Thich Nhat Hahn – La Retta Parola porta benessere
Brano tratto da: Jack Kornfield, Joseph Goldstein, “Il cuore della saggezza. Esercizi di meditazione“, Astrolabio Ubaldini, 1988:
Un giorno un maestro venne chiamato per guarire un bambino malato con qualche preghiera. Uno dei numerosi presenti, osservando ciò che avveniva con ostentato scetticismo, espresse i propri dubbi sull’efficacia di un modo di guarigione tanto superficiale. Il maestro, allora, gli si rivolse dicendogli: “Non sai nulla di queste faccende, tu, stupido ignorante”. Lo scettico andò su tutte le furie: divenne rosso e cominciò a tremare dalla rabbia. Prima che riuscisse a riprendersi e a replicare, però, il maestro gli rivolse nuovamente la parola, chiedendogli: “Se una sola parola ha il potere di farti tanto infiammare di collera, perché un’altra parola non dovrebbe avere il potere di guarire?”.
La nostra parola ha un grande potere. Può essere distruttiva o illuminante, può risolversi in vuoto pettegolezzo o in compassionevole comunicazione. Ciò che a noi si richiede è conservare la nostra presenza mentale e far scaturire le parole dal cuore. Se noi diciamo cose vere e utili, la gente sarà attratta verso di noi. La presenza mentale e l’onestà rendono la nostra mente più quieta e più aperta, e il nostro cuore più felice e più pacifico.
Le 5 caratteristiche della Retta Parola
1. È detta al momento opportuno
2. È in accordo coi fatti
3. È detta con garbo e moderazione
4. È utile
5. È detta senza ostilità
Rinuncia alle opinioni
Mentre il termine ‘lasciar andare’ ricorre più frequentemente nelle esortazioni a distaccarsi dai beni materiali con la pratica della generosità, la rinuncia compare spesso in relazione alla necessità di rinunciare alle opinioni. Così, è consigliabile rinunciare alle varie opinioni circa il passato e il futuro; e in realtà tutto il Sallekha-sutta si impernia sul tema della rinuncia a determinate opinioni. Lo stesso tema è centrale nell’analisi delle opinioni proposta dal Dīghanakha-sutta. L’efficacia di questa prescrizione risulta evidente nella sezione conclusiva del discorso, in cui si dice che Sāriputta raggiunse la completa liberazione dopo aver capito che il senso dell’istruzione del Buddha era arrivare alla rinuncia grazie a una diretta intuizione della realtà.
Un gruppo dove prevale la retta parola è un gruppo i cui membri sono capaci di rinunciare alle proprie opinioni, invece di difenderle dogmaticamente. Per chi si aggrappa dogmaticamente alle proprie opinioni, questa è una forma di rinuncia particolarmente ardua. L’importanza del saper rinunciare alle opinioni trova eco anche in diverse norme del Vinaya relative a monaci o monache le cui opinioni sono fuorvianti o tali da provocare uno scisma.
Da: Bhikkhu Anālayo, “Escursioni nel buddhismo antico. Dall’attaccamento al vuoto” (Vol. 2), Diana edizioni, 2019.
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