Haiti dopo l’uragano: così possiamo aiutarli

haitiHaiti dopo il passaggio dell’uragano dei giorni scorsi conta le proprie vittime e i pesanti danni che hanno devastato un paese già poverissimo, colpito nel 2010 dal terremoto e dove è tutt’ora in corso un’epidemia di colera. Mentre ce ne stiamo tranquilli nelle nostre case – magari arrabbiati, ma al sicuro – guardiamo le immagini in televisione dei quartieri e villaggi interi distrutti o sommersi dall’acqua che si mescolano a tante altre immagini, incontrando la nostra assuefazione che facilmente si trasforma in indifferenza.

Per uscire dall’astratto a cui i media ci hanno abituato, oggi proviamo a raccontare un caso concreto, per conoscenza diretta, tramite mio cugino Roberto Stephenson, artista italo-haitiano che vive proprio in quello che viene considerato il paese meno sviluppato dell’emisfero settentrionale e uno dei più poveri al mondo.

La casa dei vicini

“La mia casa, fortunatamente ben costruita e lontano dall’occhio del ciclone, non ha subito danno alcuno ma, dall’altra parte del muro di cinta, ai miei vicini, nati meno fortunati, il vento ha portato via il tetto”, racconta Roberto. “Questa famiglia non è fra le più povere e neanche fra le più colpite, ma restano pur sempre i miei vicini, i nostri bambini giocano sempre insieme e sono sicuramente molto poveri. Durante il terremoto del 2010 la loro casa è crollata e da quel dì cercano di costruirne un’altra, piano piano, un nuovo pezzetto ogni qual volta qualche buona entrata lo rende possibile. Una casa tutta realizzata con un cemento di qualità molto povera, che non potrebbe tenere alla minima scossa, ancora con un tetto precario, che durante l’uragano è volato via lasciandoli alla pioggia”.

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Roberto, conscio della propria situazione di privilegio, non è rimasto indifferente. “In quell’occasione abbiamo accolto i più piccoli fino a che le lamiere non sono state rimesse al loro posto. Pochi dei sette figli vanno a scuola. Quando va bene, mangiano una volta al giorno”. Ma vorrebbe fare qualcosa di più duraturo. Già nel 2010, dopo il terremoto, aveva chiamato a raccolta i suoi amici sparsi per il mondo, Italia compresa, convogliando gli sforzi di molte persone in un progetto di aiuto a un orfanotrofio, che ha funzionato benissimo, perché grazie ai fondi raccolti l’orfanotrofio è stato rimesso a posto.

Piccoli e grandi progetti

Ora il nostro amico ha un progetto che non si può certo definire grandioso, ma molto concreto: consentire ai suoi vicini di ricostruire la propria casa. Ma il mondo va avanti così. Ciascuno di noi ha una portata d’azione limitata ma molto significativa; può rendere la vita di chi gli sta intorno meravigliosa o terribile; poi le conseguenze delle sue azioni si moltiplicano all’infinito nello spazio e nel tempo, di generazione in generazione. Così rendiamo il mondo un posto migliore o peggiore. La famiglia che verrà aiutata a ricostruire il proprio tetto si ricorderà ogni giorno del bene ricevuto e per tutti loro – questa famiglia così numerosa – sarà più facile compiere azioni positive a loro volta. È un meccanismo che in Oriente- cioè dall’altra parte del mondo – viene chiamato karma.

Anche dall’Europa possiamo contribuire a questo ciclo di causa-effetto nel segno positivo con l’arma più efficace a nostra disposizione: i soldi.

“Con il vostro aiuto si potrebbe costruire loro una casa decente e sicura, con una tecnica antisismica basata su legno e pietre”, mi ha detto Roberto, il quale è ottimista: “Penso che ce la si può fare. Ne ho parlato con loro e sono entusiasti all’idea. Il terreno per fortuna è di loro proprietà. Bisogna iniziare subito a raccogliere i soldi, fare un rilievo del terreno, redigere giù un progetto, scrivere un preventivo. In base a quanto sarà stato raccolto, la si potrà fare più o meno grande ed eventualmente dotarla di un piccolo sistema solare e di raccolta dell’acqua piovana. Se i fondi dovessero risultare insufficienti, li si potrà usare per mandare qualcuno dei figli a scuola”.

Come fare

Per contribuire a questo progetto il modo più facile è effettuare un versamento a una Onlus costituita a suo tempo per raccogliere i fondi per l’orfanotrofio. La Onlus consente di movimentare denaro in modo legale e a chi dona di detrarre la spesa dalle tasse. Ecco i dati:

La Maison des Petits de Diquini Onlus
IBAN: IT 57 T 07601 03200 000004324234
Codici BIC – SWIFT: BPPIITRRXXX (dai paesi della zona dell’euro)
POSOIT22XXX (dagli altri paesi)

Perciò si può versare tramite bonifico, ma anche tramite Paypal, all’indirizzo roberto.x.stephenson@gmail.com. Per contatti diretti tramite Whatsapp ecco il numero: +50934786582

Ci dobbiamo fidare?

È la domanda da porsi sempre, in questi casi. La risposta è: certo che sì! Non ci sprecherei un articolo di Zen in the City e poi Roberto lo conosco da più di 50 anni. Sarà lui stesso a rendersi garante della buona spesa dei fondi versati, come già fece per l’orfanotrofio. Bisogna considerare che, a differenza dei progetti portati avanti dalle varie organizzazioni e Onlus, non ci sono spese collaterali: niente stipendi; niente biglietti aerei; niente hotel; niente ristoranti; eccetera.

“Non servono grandi cifre”, ha precisato, “abbiamo già raccolto 9.000 dollari, ma ne servono almeno il triplo. Ogni contributo sarà molto, molto benvenuto, e grazie a tutti sin d’ora!”.

Foto

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Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

2 risposte

  1. Maria Antonietta Balzola ha detto:

    Pensate anche a un crowdfunding per esempio con Produzioni dal basso che fa piccole raccolte

  2. Marita ha detto:

    Sono d’accordo con l’approccio che ho già usato con il Nepal. E mando a Roberto il mio contributo.

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