congedarsi dai propri pensietri

Con un po’ di esperienza, è possibile imparare a riconoscere i meccanismi con cui si sviluppa il pensiero. Come tutti i fenomeni del mondo, ha un inizio, una durata e una fine. L’innesco può essere originato da tanti spunti diversi. Poi si sviluppa, per evolvere in qualcosa di più articolato: un ragionamento, una fantasia, una discussione immaginaria. Se lo si intercetta presto, nel suo stadio iniziale, è più facile lasciarlo andare.

Quando incrociamo un amico, camminando per strada, prima lo vediamo, poi lo riconosciamo e infine, in qualche modo, lo lasciamo andare, e lo facciamo con gentilezza. Possiamo fare lo stesso col pensiero che insorge:

“ciao, amico mio, ti ho riconosciuto; ma ora scusami, ti devo lasciare, perché vorrei tornare al respiro!”

Oppure, più semplicemente, appena ci accorgiamo che un pensiero si è manifestato nella nostra mente, possiamo dirgli:

“non ora, per favore!”

La gentilezza è molto importante, in questo caso. È gentilezza verso noi stessi, è amore compassionevole. Infatti può succedere che pensare la frase “non ora, per favore!” ci strappi un piccolo sorriso, il sorriso di chi, nei confronti delle proprie debolezze, vere o presunte, ha un atteggiamento equanime e comprensivo. Non rifiutiamo il pensiero – si è manifestato nella nostra mente, non da qualche altra parte – ma lo rimandiamo a un altro momento. Se quel pensiero è utile, probabilmente si manifesterà di nuovo.

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Categorie di questo esercizio: Calmarsi | Creare pensieri positivi |
Temi di questo esercizio: lasciare andare i pensieri |
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Immagine di copertina: Andrew Wyeth, Maga's Daughter, 1966