Ecco qual è l’unico trucco efficace (e facile) per una corretta postura nella meditazione

Una corretta postura nella meditazione è molto importante. È il presupposto stesso perché la meditazione stessa sia quello che deve essere e non qualcos’altro. Dunque non va trascurata come spesso di fa, dando questo aspetto per scontato o sottovalutandolo. In questo articolo spiegherò qual è il “trucco” principale da adottare. Perché poi, a conti fatti, c’è un solo elemento che va curato per bene: la posizione reciproca di ginocchia e anche. Se quello è corretto, tutto il resto in qualche modo viene da solo.
Cosa succede quando non c’è una corretta postura nella meditazione
Quando la postura della meditazione non è corretta, la persona interessata viene a trovarsi presto in una situazione di disagio, a causa di dolori, scomodità, difficoltà a concentrarsi. A quel punto, comincia una proliferazione mentale che può durare anche per la maggior parte del tempo, a partire da pensieri del tipo:
Quando finisce?
Non sono capace come gli altri…
Se solo avessi un supporto più alto!
E così via.
Ciascuno di questi pensieri è in grado di generare un pensiero discorsivo, una discussione con se stessi potenzialmente infinita, che ovviamente non porta a niente. Tale situazione ostacola la meditazione in modo basilare, perché ne impedisce proprio l’attuazione. Vediamo perché.
I motivi per cui si medita sono fondamentalmente due: calmare la mente e osservare la mente.
Alla prima motivazione (calmare la mente) fa riferimento, grosso modo, la meditazione basata sulla concentrazione, o samatha, che ha un grande effetto calmante, consentendo di avere accesso alle caratteristiche più preziose della mente stessa. Quando la postura è scomoda, calmare la mente è difficile, per non dire impossibile. Dunque il beneficio della meditazione viene proprio stroncato sul nascere.
Alla seconda motivazione (osservare la mente) fa riferimento, anche qui grosso modo, la meditazione basata sulla visione profonda, o vipassana. Nella vipassana si osserva con equanimità tutto ciò che succede nel corso della seduta, senza trascurare alcun fenomeno riguardante la mente o il corpo: sensazioni, stati d’animo, pensieri, eccetera. È chiaro che quando si attiva la proliferazione mentale sopra descritta, l’osservazione dei vari fenomeni è fortemente disturbata, perché i pensieri sul dolore o la scomodità prendono il sopravvento, impedendoci di osservare quello che vogliamo osservare e tanto meno di farlo con equanimità.
Una postura corretta è dunque essenziale perché la meditazione si attui. È la base. Se vogliamo fare un discorso anche un po’ più raffinato, c’è anche una questione di ricettività. Quando è libera e rilassata tutta la zona superiore del corpo, dalla pelvi alla sommità della testa, diventiamo più recettivi agli stimoli interni ed esterni. Tutto diventa più chiaro. Ragionando in termini di Yoga, sono liberi tutti i chakra, che si trovano proprio in quella zona del corpo.
Perché non riusciamo ad adottare una postura corretta
Il motivo per cui non riusciamo ad adottare una postura corretta nella meditazione è che pensiamo che sia sufficiente sederci per terra a gambe incrociate, come si vede in tutte le foto che ritraggono una persona in meditazione (prova a vedere cosa ti propone Google Immagini). Tali foto sono nella stragrande maggioranza dei casi ricavate dai grandi archivi fotografici (“stock”), che mettono a disposizione tutti i tipi di soggetti, ma utilizzando modelli che evidentemente non praticano la meditazione. Ecco di seguito un esempio, messo a confronto con un vero praticante di meditazione.
![]() Nickolai Kashirin, Road meditation |
![]() Dharmacrafts.com |
Il problema è che non siamo abituati a sederci a terra. Dopo una vita passata a sederci sulla sedia, la nostra muscolatura posteriore delle cosce (“ischio crurale”) si accorcia, perché non è abituata a distendersi. Nel momento in cui pieghiamo il corpo per sederci, con i muscoli posteriori delle cosce accorciati, viene chiamata in causa la muscolatura della schiena, che non riesce ad allungarsi per bene. Dunque tende a contrarsi, facendoci ingobbire e provocando uno sforzo, nel momento in cui cerchiamo di tenerla distesa.
Quando siamo seduti a terra, il nostro corpo non è in grado di mantenere agevolmente tra le cosce e il dorso un angolo a 90 gradi o inferiore, perché tutto il sistema di muscolatura nella parte posteriore del corpo non ce la fa a distendersi a sufficienza.
Qual è l’unica postura corretta nella meditazione
L’unica postura corretta nella meditazione è quella in cui tra busto e cosce si crea un angolo ottuso, cioè superiore a 90 gradi. Chiunque abbia studiato alle scuole elementari è in grado di capire questo concetto. A questo punto, si tratta solo di applicarlo.
Per creare tale angolo ottuso, le anche devono trovarsi al di sopra delle ginocchia. Ripetete insieme a me: “le anche devono trovarsi al di sopra delle ginocchia”. È un concetto molto semplice, ma spesso non applicato, specialmente dai principianti. Gli insegnanti e facilitatori di meditazione o di mindfulness dovrebbero curare questo aspetto, invitando sempre i partecipanti, all’inizio di ogni meditazione in gruppo, a sedersi correttamente. Altrimenti alcuni di loro soffriranno e basta.
Per sedersi con le anche al di sopra delle ginocchia è innanzi tutto essenziale non sedersi direttamente a terra, ma su un supporto, tipo cuscino o panchetto. A quel punto si può scegliere una qualsiasi delle posizioni che sono indicate nella “Guida completa alla postura di meditazione” qui pubblicata. Ce ne sono di facilissime, senza bisogno di tentare la posizione del loto, che il Buddha sembrava prediligere, a giudicare dalla sua iconografia.
Come criterio, si può seguire quello che per ottenere una base stabile, bisogna avere tre punti d’appoggio a terra. Tipicamente si tratta del sedere e delle due ginocchia. Cercate di poggiare quelle ginocchia a terra, anziché farle puntare verso il cielo, e vedrete come tutto sarà più facile, piacevole, efficace.
Per approfondire:
Se t’interessa la meditazione, ma non vuoi vivere al di fuori del mondo, è il momento di leggere “Ama il tuo smartphone come te stesso“, il libro di Paolo Subioli che per la prima volta affronta in modo sistematico tutte le problematiche legate all’uso degli smartphone, dei social e dei media digitali in genere. Nel libro viene descritto il metodo Digital Mindfulness, che avvalendosi degli insegnamenti di maestri come Thich Nhat Hanh, Pema Chodron, Alan Watts e lo stesso Jon Kabat-Zinn, affronta il tema della consapevolezza nel mondo contemporaneo e negli ambienti di lavoro.
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Grazie. I suggerimenti sono sempre utili, sia per apprendere che per verificare. Personalmente, ho impiegato diversi anni prima di trovare gli “strumenti” adatti per assumere una buona postura. Ho iniziato da un semplice tappetino orientale (autentico….noblesse oblige…. 🙂 ), per poi passare al panchetto di legno e via, via con varie sperimentazioni. Avendo, inoltre, l’esigenza di trasportare la mia attrezzatura nello zaino quando mi recavo in montagna, questa doveva avere anche doti di leggerezza e trasportabilità per non “uccidermi”. Alla fine credo di aver trovato il giusto compromesso e da diversi anni uso una parte di un materassino a cellule chiuse (quello che si pone sotto i sacchi a pelo nei camping), tanto quanto mi permetta di poggiare sedere e gambe-ginocchia, cui sovrappongo un cuneo di materiale gommoso a varie densità e rivestito di stoffa lavabile (allo scopo ho trovato un manufatto già pronto da acquistare nei negozi che vendono e fabbricano materassi in gomma e/o sintetico. Nella zona di Roma: Resingomma sulla via Tiburtina). Con questo aiuto tecnico, riesco – a 71 anni – ad assumere una buona postura. Siate tutti benedetti