Esercizio per vedere come la mente crea la realtà

La mente crea la realtà? Questa domanda piuttosto strana me la sono posta tante volte. Non perché io stesso sia strano (in effetti, un po’ sì), ma perché avevo letto il Dhammapada, uno dei testi più importanti del buddhismo, il cui primo verso recita:
Tutto ciò che siamo è generato dalla mente.
È un’affermazione molto ardita, che va contro il senso comune, ma non è così peregrina. Il modello a cui facciamo riferimento sin a bambini, è che la mente sia una parte della nostra persona, inserita nel corpo, la quale – attraverso i 5 sensi – conosce se stessa, il corpo e il mondo. Le cose esistono per conto proprio e noi possiamo solo conoscerle, non crearle.
Di conseguenza, ciò che ci capita nella vita proviene in buona parte dall’esterno e il nostro compito è quello di evitare le cose sfavorevoli e perseguire quelle favorevoli. È un modello primordiale di sopravvivenza, che permea tutto il nostro modo di pensare e agire nel mondo.
Alla lunga, a forza di praticare la meditazione e di approfondire i relativi insegnamenti, ho capito che è possibile assumere un punto di vista totalmente diverso. Dobbiamo per prima cosa abbandonare la mentalità dell’homo sapiens primitivo, che aveva la missione primaria di capire in ogni momento ciò che era favorevole alla sua sopravvivenza e ciò che era sfavorevole. Oggi viviamo in contesti urbani altamente organizzati, dove la nostra sopravvivenza può contare su una base sicura, che non richiede scelte e valutazioni continue.
Ragionando da umani moderni, possiamo guardare alla realtà con occhi più disincantati. Con tale presupposto, e con un esercizio costante e continuo di osservazione della nostra stessa mente, possiamo capire che la maggior parte dei nostri guai ce la procuriamo da soli. Perché il problema non è tanto ciò che ci capita, ma come reagiamo a ciò che ci capita. È un meccanismo che nel buddhismo classico è stato descritto come le 4 nobili verità. Il lavoro che facciamo con la meditazione è tutto lì: vedere la nostra reattività e lasciarla andare.
Come la mente partecipa alla creazione della realtà
Su come la mente crei la realtà ci sarebbe molto altro da dire. Ho già scritto sulla natura ingannevole delle nostre sensazioni. Oggi vorrei proporvi un esercizio di meditazione per vedere e comprendere come la mente partecipa alla creazione della realtà, così come noi la percepiamo.
Facciamo un esempio. Se osservo un albero, sono convinto di trovarmi di fronte alla realtà oggettiva e indubitabile di un albero. Se rimango in silenzio, mi concentro e non faccio altro che rimanere a osservare l’albero, farò un’esperienza che probabilmente chiamerei “contatto diretto con la realtà”. Ma siamo sicuri che quella sia la realtà? Appena appare di fronte a me qualcosa che ha una certa forma, certi colori e certe dimensioni, la percepisco come “un albero”. La mia memoria mi dice che quello è un albero, composto da radici, tronco, rami, foglie, ecc. Ma questa non è la realtà. È un’interpretazione, mediata dal linguaggio, che la mia mente fa di quell’insieme di forme e colori.
Insomma, in ogni momento, riceviamo degli input dai sensi che, attraverso la mente, trasformiamo in percezioni: c’è questo, quello e quell’altro, si chiamano in questo e in quell’altro modo e funzionano in un modo che la mia memoria sa riconoscere.
Questa è la co-creazione della realtà da parte della mente. Avviene in ogni istante della nostra esistenza e non c’è niente di male. Ma saperlo è molto utile.
Esercizio per capire come la mente crea la realtà
Proviamo a cogliere il meccanismo di co-creazione della realtà da parte della mente con un esercizio di meditazione.
- Siediti in meditazione, adottando una postura che favorisca la concentrazione. Per qualche minuto, dedicati a raccogliere la mente per sgombrarla dai pensieri e dalla dimensione del tempo, concentrandoti sul respiro o su un punto di contatto del corpo sul supporto.
- Scegli come oggetto di contemplazione una percezione qualsiasi: può essere un suono (ad esempio il traffico all’esterno dell’edificio, il canto degli uccelli, ecc.) o una sensazione fisica (caldo, freddo, prurito, dolore, contatto, ecc.).
- Considera che quella percezione (ad esempio il canto degli uccelli) per esistere ha bisogno di almeno due elementi: la fonte sonora e la tua attenzione. Se anche solo uno dei due mancasse, quella percezione non si manifesterebbe. Dunque la percezione del canto degli uccelli dipende dalla tua attenzione. Se sposti la tua attenzione altrove, quella percezione si affievolisce e scompare, perfino.
- Rimani in contemplazione di questo dato di fatto: attraverso la tua attenzione, stai co-creando un fenomeno chiamato “percezione del canto di uccelli in lontananza”.
Questo è un modo per cogliere, provvisoriamente e parzialmente, la dimensione della co-creazione della realtà da parte della mente. L’importanza di questa intuizione è gigantesca. Un meccanismo analogo avviene, ad esempio, quando ci relazioniamo con le altre persone. Relazionandoci con gli altri, siamo guidati dalle idee, dalle aspettative e dai pregiudizi che noi abbiamo già in partenza sugli altri. Mentre ascoltiamo ciò che l’altro ci dice, automaticamente interpretiamo le sue parole. E lo facciamo a modo nostro. Co-creiamo l’altra persona!
La realtà creata dalla mente è vuota
Facciamo un passetto oltre. Guardando meglio, possiamo vedere anche come i due attori protagonisti di cui stiamo parlando – gli oggetti mentali e la coscienza – siano in realtà vuoti. Qui ci addentriamo nel campo di una “dottrina” buddhista. Se è troppo per voi, non proseguite, e accontentatevi dell’esercizio.
Per “vuoto” si intende privo di una propria natura intrinseca. Se consideriamo il canto degli uccelli, esso può manifestarsi per il convergere di una gamma molto ampia di cause e condizioni che, proprio qui e in questo momento, lo hanno reso possibile: la presenza di ceri uccelli, la presenza di piante su cui poggiarsi, le motivazioni che li inducono a emettere quel suono, l’assenza di altri rumori prevalenti, ecc. Se anche solo uno di tali fattori mancasse, il canto degli uccelli non si manifesterebbe. Perciò il canto degli uccelli non esiste in quanto tale, esiste in dipendenza di molti fattori indipendenti. In questo senso, si dice che è “vuoto”, che non ha un “sé” permanente. È impermanente e interconnesso con il resto del mondo.
La stessa cosa si potrebbe dire dell’attenzione che ha fatto emergere questa percezione, ovvero della nostra coscienza. La coscienza esiste, istante per istante, solo se e quando ha un oggetto a cui riferirsi. Sono “cosciente” che c’è un canto di uccelli, sono “cosciente” del sole che sta tramontando, ecc. Senza oggetto, non c’è neanche coscienza. In questo senso, anche la coscienza è vuota, non ha un “sé” permanente, è impermanente e interconnessa con il resto del mondo.
Dunque la meditazione che vi ho proposto potrebbe proseguire in questo modo:
- Dopo aver contemplato la co-creazione del fenomeno da parte della mia mente, contemplo la natura vuota del fenomeno stesso (il canto degli uccelli o quello che sia).
- Poi contemplo la natura vuota della mia coscienza.
- Infine contemplo il fatto che due fenomeni – entrambi vuoti, entrambi impermanenti – stiano dando vita a una realtà molto sfuggente, che in un altro momento avrei confuso per qualcosa di molto solido e reale.
Per approfondire:
Consulta l’indice tematico per approfondire i temi trattati qui: non sé, impermanenza, percezioni, contatto diretto con la realtà, reattività, fabbricazione.
Per capire come la mente crea la realtà, prova uno dei nostri esercizi sul Non Sé:
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