
La nostra mente è piena di pensieri superflui che creano agitazione. Accettandoli come temporanei e senza attaccarci o identificarci con essi, possiamo trovare la quiete interiore e una partecipazione saggia alla vita.
Studiando la vita della mente, vi rendete conto che la stragrande maggioranza delle vostre attività mentali sono semplicemente superflue. A volte non sono altro che l’espressione dell’agitazione e dell’ansia, che riempiono la vostra coscienza al punto da impedire il silenzio profondo e l’ascolto.
Cercate di smettere di pensare e scoprite che ciò non fa che creare tensione. Cercate di pazientare, credendo che prima o poi i pensieri si esauriranno da soli, finché non scoprite che le cose non vanno in questo modo. Sia lo sforzo di controllare i pensieri che l’indulgere ad essi smentiscono la credenza che i vostri pensieri siano voi, siano ciò che siete e vi appartengano veramente.
Riflettendoci, è ovvio che non vi siete svegliati stamattina e avete deciso che era un buon giorno per essere irritabili oppure ossessivi. Né potete svegliarvi al mattino e stabilire che oggi avrete solo pensieri positivi ed elevati. I pensieri affiorano e se ne vanno.
Una volta liberate dalle attività di avversione, agitazione o identificazione, le attività della mente non sono di ostacolo alla quiete o alla compassione. L’ostacolo sta nell’aggrapparsi ed identificarsi con le fluttuazioni dell’attività mentale. Studiando la mente, allentate i legami dell’identificazione con essa.
Quando sorge un pensiero, se non vi si indugia, non lo si insegue e non si resiste ad esso, semplicemente se ne andrà. Man mano che l’attenta consapevolezza si approfondisce, scoprite una quiete interiore che abbraccia tutti i movimenti e le fluttuazioni mentali. L’impulso ad attaccarsi, ad essere ossessionati o ad agitarsi perde terreno. Scoprite uno spazio calmo, intensamente ricettivo e sensibile, che risponde profondamente a tutto ciò che accade, ma non si smarrisce in nulla.
Comincia a venir meno la tendenza ad isolare ogni pensiero, sentimento, immagine o percezione facendone un’entità fissa e solida. Perde vigore l’impulso ad avanzare diritti sugli eventi che sorgono e passano nella mente e ad etichettarli come “io” o “mio”. Vedete, sperimentalmente e direttamente, la sofferenza e l’isolamento nati da simili rivendicazioni e quindi il lasciarle andare è intuitivo e immediato.
La perdita dell’impulso ad identificare o a fissare alcunché in questo mondo, interiormente e all’esterno, non implica assenza di responsabilità; al contrario, vi rende liberi di partecipare pienamente a questa vita con saggezza e compassione.
Da: Christina Feldman, “Compassione. Ascoltare le grida del mondo“, La Parola, 2007.
Compassione. Ascoltare le grida del mondo

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