Settimana 8

resistenza al cambiamento

Pratichiamo con Zen in the City - Settimana 8

resistenza al cambiamento

Il tema di questa settimana è l’impermanenza. Quello dell’impermanenza è un tema centrale per la realtà umana e per la ricerca della felicità. Trattare l’impermanenza significa prendere atto che ci troviamo di fronte a uno dei più grandi paradossi dell’esistenza. Da un lato, sappiamo che ogni cosa cambia, senza eccezione: dal microscopico al galattico, dall’umano al minerale, dal corpo ai pensieri e alle sensazioni. Sembra proprio una delle leggi fondamentali della realtà e anche la base della vita. Dall’altro, non ce la facciamo proprio ad accettarla. L’incertezza e l’inaffidabilità di ogni fenomeno ci fanno mancare la terra sotto i piedi. È qui che la pratica entra in gioco e dà il suo meglio, perché può veramente aiutarci ad accettare l’esistenza per quello che è.

Esplora le diverse proposte che trovi nel menù e adottale per la tua pratica ne corso di questa settimana. Decidi tu liberamente quanto praticare, ma ricorda che la cosa più importante è praticare tutti i giorni, anche per pochi minuti! ?

Meditazione del fiore

Il fiore è una delle poche cose al mondo che è sempre in grado di risollevarci lo spirito e i sensi, con la sua fragranza; a tutte le latitudini e in ogni tempo. È un simbolo universale di amore e di apprezzamento per gli altri. Allo stesso tempo col suo appassire, a poca distanza dalla fioritura, è tra le manifestazioni più belle ed efficaci dell’impermanenza di tutte le cose. Per questo, stare consapevolmente con un fiore può costituire un’attività di meditazione molto profonda.

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Ognuno di noi è un fiore, ma qualche volta siamo un po’ appassiti e abbiamo bisogno di riacquistare vigore. Noi fiori umani abbiamo bisogno di aria. Se inspiriamo ed espiriamo profondamente, in modo cosciente, rifioriamo immediatamente. Possiamo respirare seduti, stando in piedi, coricati o camminando: dopo pochi minuti avremo riacquistato abbastanza freschezza da poter condividere il nostro fiore con gli altri. I nostri amici hanno bisogno che noi siamo un fiore. Qualche volta potranno sentirsi tristi, ma nel vederci felici si ricorderanno del loro fiore e torneranno a sorridere. Ci sosteniamo l’uno con l’altro. Se sappiamo come far rivivere il nostro fiore quando non è più molto fresco, stiamo veramente servendo la comunità.

Ecco un esempio di meditazione che si può praticare in presenza di un fiore:

inspirando, sono grato/a per la fragranza di questo fiore;
espirando, faccio tesoro di questo fiore qui e ora.

Il brano di Thich Nhat Hanh è tratto da: Thich Nhat Hanh, “Toccare la pace: la pratica dell’arte di vivere con consapevolezza”, Astrolabio Ubaldini, 1994.

Nella nostra vita quotidiana, le occasioni per praticare con l’impermanenza non mancano di certo.

  1. La stessa giornata che trascorriamo è la manifestazione per eccellenza dell’impermanenza. Il movimento di rotazione della Terra in 24 ore provoca nel nostro ambiente, ovunque ci troviamo, importanti variazioni della luce. A seconda della stagione e della latitudine, anche della temperatura. Il ciclo di queste variazioni è troppo lento perché possiamo apprezzarlo in diretta. Ma ogni tanto, nel corso della giornata, potremmo pensarci, per renderci conto che siamo a un punto di questo ciclo, diverso da qualche ora fa e da ciò che ci aspetta nelle prossime ore.
  2. Un altro modo modo diretto per entrare in pieno nella dimensione dell’impermanenza è quello di sedersi in meditazione all’alba o al tramonto, per una mezz’ora. In quell’arco di tempo assisteremo a un variazione di luce importante, che corrisponderà probabilmente a un mutamento nel nostro stato d’animo. È un tipo di meditazione molto bello, che consiglio di provare almeno una volta.
  3. Se un’altra persona vive insieme a noi, o c’è qualcuno con cui passiamo tanto tempo tutti i giorni, magari per lavoro, possiamo osservarne l’impermanenza fondamentale. Questa persona in certi momenti sarà gentile con noi, in altri brusca. A volte riderà, altre volte sarà arrabbiata. Potremmo trovarla piena di energia, e qualche ora dopo stanca. Osserviamo come quella persona, nonostante abbia sempre lo stesso nome, in realtà sia sempre diversa. Tutto ciò, ovviamente, si applica anche a noi stessi. Potremmo anche osservare noi stessi allo stesso modo, ma è più difficile. Meglio cominciare dal facile, facendo ciò a cui siamo tanto abituati: osservare quello che fanno gli altri.
  4. Il pasto è un altro momento perfetto per meditare sull’impermanenza. Il cibo che stiamo per metterci in bocca è il risultato di tanti fattori diversi, vegetali, animali, minerali e umani, e in particolare ai processi di trasformazione che hanno provocato o subito. Il cibo stesso, se è stato cotto, cambia rapidamente di temperatura nel corso del pasto. Durante l’atto del mangiare, avviene una trasformazione incredibile, che possiamo osservare: il cibo prima macerato durante la masticazione, poi inghiottito, poi processato dallo stomaco e trasformato nelle sostanze costitutive del corpo, poi trasformato dall’intestino e dall’ecosistema di organismi che ne fanno parte, poi espulso e infine trasformato per lo smaltimento. La tua sensazione di base rispetto al cibo passa gradualmente dalla fame alla sazietà, e questa è un’altra sensazione che possiamo osservare mentre mangiamo.

La gatha è un verso recitato mentalmente, in sincronia con il respiro, come supporto alla pratica di consapevolezza, sia nella vita quotidiana, sia nella pratica meditativa vera e propria. L’uso della gatha è stato reso popolare in tempi moderni dal maestro zen Thich Nhat Hanh. Ogni settimana proponiamo una gatha, da recitare in una specifica situazione in questo periodo di 7 giorni.

Ecco la gatha di questa settimana:

Impermanenza
(da recitare alla fine della giornata)
Il sole tramonta, e le nostre vite
sono più corte. Un giorno in meno
ci separa dalla nostra morte.
Che noi possiamo riflettere
su ciò che abbiamo fatto.
Che noi possiamo praticare,
diligenti, immergendo il nostro cuore
nel cammino della meditazione.
Che noi possiamo vivere
liberi in ogni istante, senza lasciare
le nostre vite scivolare via inutilmente.

Quella che sto per proporti in questa ottava settimana è una pratica leggermente avanzata. Beh, anche se ti ritieni principiante, sono almeno 8 settimane che stai meditando, e non è poco! Proviamoci.

Poniamo che ti trovi in una certa situazione. Ad esempio, ti aggiri tra i banchetti del mercato per fare la spesa, o stai in piedi su un autobus pieno, o sei seduto/a al gabinetto, o stai scendendo le scale di casa, o magari stai innaffiando le piante del tuo appartamento. Qualsiasi situazione sia, qualsiasi, osserva com’è unica. Anche se si tratta di qualcosa che hai fatto migliaia di volte, questa volta è diversa dalle altre. Questa temperatura, questo cielo, questo stato d’animo, questo pensiero che ho appena avuto, l’aspettativa che ho rispetto a ciò che accadrà dopo, le persone che mi stanno accanto. È una combinazione unica, irripetibile.

Vivo questo momento sapendo che c’è solo questo momento. Oltre a tutto ciò, non c’è nient’altro, se non proiezioni della mente. Sono in un flusso, nel momento irripetibile di questo flusso. E la vita è esattamente questa. Percependo l’unicità e la natura effimera di questo momento, entro in piena sintonia con la vita. Ah, è proprio questa la vita! Ed è meravigliosa!

Ti sembra difficile? Non lo è. Vedrai.

Thich Nhat Hanh – L’impermanenza ci dà speranza

L’insight dell’impermanenza ci dà speranza, per il maestro zen Thich Nhat Hanh, perché nulla resta uguale per sempre. Inoltre ci rende capaci di lasciare andare e sentirci leggeri e liberi nella nostra vita.

Abbiamo in noi molti ostacoli dovuti all’ignoranza. Ci comportiamo come se dovessimo vivere un milione di anni, come se fossimo eterni, indistruttibili. Abbiamo sentito le parole del Buddha, abbiamo ascoltato il nostro insegnante: entrambi ci hanno parlato dell’impermanenza. Sappiamo bene che potremo vivere al massimo cento anni. Pensiamo: quella persona ha avuto un incidente di macchina, quell’altra è in ospedale, quell’altra ancora ha il cancro, quella è morta. Ma crediamo che tutto questo non ci riguardi, viviamo questa specie di follia.

La nostra comprensione dell’impermanenza è molto superficiale: la vediamo solo come un’idea, una teoria, e agiamo nella vita quotidiana come se dovessimo esserci per sempre. Ma non è vero, non è così. La nostra vita è come un lampo, come una nuvola nel cielo. Dovremmo concentrarci e guardare in profondità nell’impermanenza: vedere ogni passo, ogni respiro, ogni boccone di cibo alla luce dell’impermanenza.

Non si tratta di qualcosa di negativo, di pessimistico. È la verità e va compresa bene, perché l’impermanenza è essenziale per la vita. Se piantiamo dei girasoli e vogliamo che crescano, l’impermanenza è indispensabile. Se il seme di girasole dovesse rimanere per sempre un seme, non esisterebbe il girasole. Il seme deve scomparire affinché il girasole appaia: ecco l’impermanenza. E poi, affinché ci siano nuovi girasoli, il girasole deve diventare vecchio e morire.

Non dite “non mi piace l’impermanenza”, perché vorrebbe dire che non amate la vita. Impermanenza significa anche “non sé”. In termini di tempo, infatti, parliamo di impermanenza, mentre in termini di spazio parliamo di non sé. Se riuscirete a vedere l’impermanenza e il non sé, vedrete l’interessere, la vacuità. In seguito potrete ottenere l’insight, la comprensione risvegliata dell’impermanenza. Vivrete nella luce, nel regno dell’Avatamsaka, il mondo di non nascita e non morte. L’impermanenza ci rende capaci di lasciare andare, e quando lasciamo andare, ci sentiamo leggeri, liberi. L’insight dell’impermanenza ci dà speranza, perché nulla resta uguale per sempre.

Da: “I Sedici Esercizi del Sutra Anapanasati”, Commento di Thich Nhat Hanh, tratto da due discorsi di Dharma tenuti il18 e 22 gennaio 1998 a Plum Village.

Impermanenza del corpo

Ciò che faremo adesso è meditare sull’impermanenza. Non meditare pensando o ragionandoci sopra, ma meditare osservando, che è il metodo che insegnò il Buddha 2500 anni fa. Osservare direttamente il proprio corpo, e da lì scoprire la realtà, conoscere la verità delle cose.

Pertanto assumiamo una posizione adatta alla concentrazione, cioè abbastanza rilassata, ma vigile dignitosa, con gli occhi chiusi o semi chiusi, come ciascuno preferisce.

Già ascoltando i tre suoni di campana con i quali iniziano la meditazione, possiamo osservare una caratteristica fondamentale dell’impermanenza.
Sentiremo questi suoni che cambiano nel corso del tempo. Da molto intensi, si affievoliscono sempre di più. Possiamo vivere questa esperienza, sentire il suono, ma in nessun modo possiamo fermarla. Già ascoltando questi suoni iniziali dai campana, abbiamo la possibilità di vivere concretamente la realtà dell’impermanenza.

[3 suoni di campana]

Sento il contatto con quello che c’è qui in questo momento. Comincio a sentirlo attraverso i punti di contatto del mio corpo con l’ambiente circostante. Ad esempio, percepisco bene il contatto dei glutei sulla sedia, sul cuscino o sul panchetto; il contatto dei piedi contro il pavimento;
il contatto della pelle contro i vestiti o con l’aria.

Sento anche il contatto con le persone che in questo momento stanno praticando con me. In questo momento tra noi c’è un legame molto profondo, perché stiamo esplorando insieme una realtà fondamentale dell’esistenza.

Posso sentire il respiro, l’aria che entra nel il mio corpo, l’aria che esce. Posso percepire il respiro nel passaggio attraverso le narici oppure nel movimento dell’addome o nel movimento del torace.Per osservare il respiro scelgo la parte del corpo dove mi riesce più facile. Osservo questo movimento dell’aria che entra nel corpo attraversando tutto l’apparato respiratorio, arriva nei polmoni e dopo una breve pausa esce di nuovo.

Entra, esce. Entra, esce.

Osservo come anche questo ciclo sia qualcosa che cambia in ogni istante. Non ci sono due istanti, uno vicino all’altro, in cui la sensazione sia la stessa.

Inspiro, espiro. Inspiro, espiro.

Man mano che vado avanti, concentrandomi sul respiro, posso notare come il respiro si stia calmando. Nel mio corpo quindi avvengono delle modificazioni legate al respiro. In tutto il corpo. Anche il respiro cambia nel corso del tempo. Non ci sono di respiri uguali. Così come se mi ponessi al lato di un torrente e osservassi l’acqua scorrere, noterei un flusso costante, ma nel quale l’acqua è sempre diversa. Sento tutta la dinamicità di questo processo, che cambia istante per istante.

Porto l’attenzione al corpo.

Sento in questo momento come stanno le mie spalle, se sono probabilmente ancora contratte per quello che hanno dovuto subire nel corso della giornata, a causa delle preoccupazioni, dello stress.

Osservo i muscoli del mio viso. Sento se ci sono delle piccole tensioni anche qui.

Poi osservo l’addome. Se è libero di muoversi in maniera fluida, se noto qualche contrazione che lo trattiene.

Nel corso della mediazione posso osservare come tutte queste sensazioni cambino di continuo.

Se considero la mia capacità di stare fermo, immobile, sempre nella stessa posizione, probabilmente sarà abbastanza scarsa. Questo conferma come non possa esserci nulla a questo mondo che si mantiene sempre uguale.

Torno a concentrarmi sul respiro e sul continuo movimento che induce nel corpo.

Mentre provo a concentrarmi unicamente sul respiro, mi accorgo che la mia mente tende a distrarsi con pensieri di altro tipo, come ricordi, progetti, giudizi sulle sensazioni. Questo mi mette ancora più in contatto con la dimensione dell’impermanenza. Non riesco neanche a fissare in modo costante la mia attenzione su qualcosa. Tutto intorno a me cambia di continuo e cambia perfino la mia capacità di osservarla.

Anche questi pensieri che ogni tanto insorgono, se riesco a vederli, sono come tutti gli altri fenomeni che si manifestano, durano per un certo tempo – in questo caso breve – e poi svaniscono. E di questi pensieri non rimane più niente. Sono tra le cose più impermanenti che esistono, eppure diamo loro così tanta importanza!

Torno a osservare il mio corpo.

Osservo mentalmente i miei capelli. Questi i capelli sono molto diversi rispetto a quelli che avevo quando ero un ragazzo. Ho molti capelli in meno e quelli rimasti sono più bianchi. Ogni giorno qualche capello se ne va. Questa è una delle più grandi manifestazioni della vita.

Osservo la mia pelle, sempre mentalmente. So che anche questa mia pelle è cambiata molto nel corso del tempo e continua ogni giorno a cambiare, esposta al sole, all’acqua, all’aria. Ma soprattutto col tempo cambia di continuo. Contemplo la realtà impermanente della pelle senza giudicare, senza pensare. Giusto o sbagliato. Bello o brutto. Mi piace o non mi piace.

Osservo i miei polmoni mentre ricevono l’aria che stanno respirando. I polmoni che si muovono di continuo, non stanno mai fermi per me. Continuamente processano quest’aria che entra e trasmettere l’ossigeno al sangue, per portarlo a ciascuna dei miliardi di cellule di cui fa parte il mio corpo, in un processo incessante di continua trasformazione, di continua morte e rinascita. Questi miei polmoni sono così potenti e al tempo stesso così delicati, minacciati di continuo dall’inquinamento, dalle mie cattive abitudini.

Posso percepire il battito del cuore. Sento il cuore che batte incessantemente. Il cuore è un organo che è sempre presente nel mio corpo, ma non sta fermo neanche mentre dormo. Anche il cuore è un organo così potente ed efficace e al tempo stesso così vulnerabile. So che la mia la stessa esistenza è legata al lavoro di quest’organo. Contemplo l’impermanenza del cuore.

Focalizzo l’attenzione sul mio sistema circolatorio. Non l’ho mai visto, ma so com’è fatto dai libri. Per quanto io possa rimanere immobile, queste arterie, queste vene, continuamente producono un movimento di sangue all’interno del mio corpo, che non si ferma mai. Un movimento continuo che interessa ogni cellula del corpo, per sostenere il loro continuo processo di nascita e morte. Il mio sistema circolatorio è quanto mai soggetto al cambiamento, alla trasformazione e all’invecchiamento, anche se non lo percepisco fisicamente. Col mio stile di vita e la mia alimentazione posso determinare in maniera molto importante il processo di invecchiamento di questa parte così vitale del mio corpo. Ma che comunque non cessa mai di invecchiare e di trasformarsi. Né cessa di alimentare il mio corpo per tenerlo in vita.

Porto l’attenzione ai miei organi interni e al sistema digerente. Sono tutte componenti del mio corpo che non ho mai visto, ma che sento molto bene, perché a volte si lamentano. Con la respirazione posso accarezzarle dolcemente. E consentire loro di partecipare a questa danza. Questa danza che di continuo si svolge all’interno del mio corpo, con l’ispirazione, l’espirazione e la circolazione del sangue. Con il nascere e morire delle cellule. Questa danza del cambiamento, che porta la vita nel mio corpo, ma al tempo stesso porta anche la degradazione dei tessuti.

Il mio corpo è immerso in un ambiente che a sua volta è soggetto al cambiamento continuo, con rumori che vanno e vengono. Il mio essere connesso con altre persone che meditano come me. Tutti che partecipano a questa continua e gloriosa danza della vita, che sembra non smettere mai.

Nei due minuti di tempo ancora a disposizione, rimango in silenzio. In contemplazione. In contemplazione di questo mio corpo che in ogni sua parte, anche infinitesimale, è soggetta al continuo cambiamento, fino al suono di campana che segnerà la fine della mediazione. Anch’esso un suono che apparirà, poi piano piano smetterà di manifestarsi.

Ascolta l’audio della meditazione guidata:

La poesia può costituire un efficace punto di riferimento nella pratica di meditazione. Per le sue caratteristiche di espressione linguistica dal significato non univoco, si presta all’esplorazione. Non un esplorazione concettuale, basata sul ragionamento, ma un entrare in contatto intimo col significato profondo delle parole, un significato che può essere anche senza parole. Il consiglio di Zen in the City è di leggere la poesia 2 volte, in caso anche di più, poi chiudere gli occhi e lasciare per 10 minuti che i versi risuonino all’interno della nostra coscienza.

Il mio sguardo è nitido come un girasole

(Fernando Pessoa)

Il mio sguardo è nitido come un girasole.
Ho l’abitudine di camminare per le strade
guardando a destra e a sinistra
e talvolta guardando dietro di me…
E ciò che vedo a ogni momento
è ciò che non avevo mai visto prima,
e so accorgermene molto bene.
So avere lo stupore essenziale
che avrebbe un bambino se, nel nascere,
si accorgesse che è nato davvero…
Mi sento nascere a ogni momento
per l’eterna novità del Mondo…

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