
Pratichiamo con Zen in the City - Settimana 3

Il tema di questa settimana è il respiro. Il respiro è l’amico fidato del praticante, perché costituisce il mezzo principale, costantemente disponibile, per tornare al nostro corpo e al qui e ora. Il respiro ci permette in ogni momento di tornare all'”isola del sé” per capire chi siamo veramente. A volte, essere consapevoli anche di un solo respiro può darci un’enorme pace.
Esplora le diverse proposte che trovi nel menù e adottale per la tua pratica ne corso di questa settimana. Decidi tu liberamente quanto praticare, ma ricorda che la cosa più importante è praticare tutti i giorni, anche per pochi minuti! ?
Esercizio di respirazione per quando ci si sente uno schifo
Ti senti uno schifo? Può capitare, la vita è piena di inconvenienti e di cose che non possiamo controllare. Per fortuna ci sono stati e continuano a esserci persone molto sagge che ci indicano vie d’uscita nei momenti di difficoltà. Il Buddha, ad esempio, tra le ultimissime parole pronunciate nel corso della sua vita disse:
Siate luce a voi stessi.
Sono parole preziose e molto vere, perché l’esperienza ha dimostrato, credo un po’ a tutti, che non ci si può aspettare che la salvezza o la felicità vengano da qualcun altro. E quando ci sentiamo uno schifo, chi ci solleva il morale? La persona migliore per farlo siamo noi stessi.
Seguendo gli insegnamenti di Thich Nhat Han, che è stato veramente maestro nel mostrare come generare attitudini positive anche nei momenti di difficoltà, possiamo praticare la respirazione consapevole, una tecnica non difficile e soprattutto sempre e ovunque a disposizione.
Ecco dunque una semplice pratica in 4 parti, basata sulla respirazione, ottima per quando ci si sente uno schifo:
- Inspirando, so che sto inspirando. Espirando, so che sto espirando.
- Inspirando, seguo l’inspirazione fino in fondo. Espirando, seguo l’espirazione fino in fondo.
- Inspirando, sono consapevole del mio corpo. Espirando, riconosco di avere un corpo e sono molto grato.
- Inspirando, riconosco le tensioni nel mio corpo. Espirando, lascio andare le tensioni e calmo il mio corpo.
In ogni caso, ricordiamoci che non è obbligatorio stare sempre bene, sorridere a tutti ed essere felici in ogni momento della vita. Se ci sentiamo uno schifo, accettiamo che si sia anche questa possibilità. Tanto prima o poi passerà.
Uno dei grandi vantaggi del respiro è che è sempre a disposizione, 24 ore su 24, e non dobbiamo andarlo a cercare da nessuna parte, perché è sempre con noi. A forza di praticare la meditazione – cosa che si fa spesso portando l’attenzione al respiro – si prende confidenza con esso. Da elemento totalmente ignorato comincia pian pano a diventare un amico fedele, di cui riconosciamo in ogni momento la vicinanza.
Anche se non siamo in meditazione, la nostra attenzione periferica è sempre più consapevole del respiro. Pertanto è un ottimo esercizio quello di fare entrare in respiro nella consapevolezza mentre stiamo compiendo determinate azioni. Ecco tre esempi per la vita quotidiana, tratti da “Il miracolo della presenza mentale” di Thich Nhat Hanh.
Misurare il respiro con i passi
Camminate a passi lenti e senza fretta per un giardino, lungo un fiume o su un sentiero di campagna. Respirate normalmente. Misurate la lunghezza del vostro respiro, dell’espirazione e dell’inspirazione, sul numero dei passi. Continuate per alcuni minuti. Cominciate ad allungare l’espirazione di un passo. Non sforzatevi di prolungare l’inspirazione, lasciatela al naturale. Osservate attentamente l’inspirazione notando se c’è il desiderio di prolungarla. Continuate per dieci respiri completi.
Ora prolungate l’espirazione di un altro passo. Osservate se anche l’inspirazione si prolunga di conseguenza o meno. Prolungate l’inspirazione solo quando sentite che sarà piacevole farlo. Dopo venti respiri, riprendete a respirare normalmente. Dopo circa cinque minuti, ricominciate a prolungare i respiri. Non appena avvertite la minima stanchezza, tornate alla respirazione normale. Col tempo e con la pratica, la lunghezza dell’inspirazione sarà pari a quella dell’espirazione. Non protraete l’esercizio per più di dieci o venti respiri, dopodiché potete riprendere a respirare normalmente.
Seguire il respiro ascoltando la musica
Ascoltate un brano di musica. Mantenete una respirazione lenta, leggera e regolare. Seguite il respiro, restatene padroni mantenendo allo stesso tempo la consapevolezza del movimento e dei sentimenti associati alla musica. Non fatevi trasportare dalla musica, ma restate padroni del respiro e di voi stessi.
Seguire il respiro mentre si fa conversazione
Mantenete una respirazione lenta, leggera e regolare. Seguite il respiro e contemporaneamente ascoltate le parole dell’interlocutore e le vostre risposte. Procedete come con la musica.
La gatha è un verso recitato mentalmente, in sincronia con il respiro, come supporto alla pratica di consapevolezza, sia nella vita quotidiana, sia nella pratica meditativa vera e propria. L’uso della gatha è stato reso popolare in tempi moderni dal maestro zen Thich Nhat Hanh. Ogni settimana proponiamo una gatha, da recitare in una specifica situazione in questo periodo di 7 giorni.
Ecco la gatha di questa settimana:
Calmando la respirazione
Inspiro e calmo il corpo
Espiro, sorrido
Vivo nel momento presente,
Che momento meraviglioso!
L’attenzione consapevole alla respirazione è una disciplina che è consigliabile coltivare per tutta la vita, sia tramite la meditazione vera a propria, sia come attitudine per qualsiasi circostanza.
In un esercizio ormai abbastanza classico, si consiglia di fermarsi per 3 respiri completi in determinate occasioni, in modo da tornar brevemente alla consapevolezza del corpo e della mente. In questo modo si torna di continuo “a casa”, evitando di lasciarci intrappolare dalla frenesia del fare. Tipiche situazioni in cui fermarsi per la durata di 3 respiri possono essere quelle descritte nella prima settimana. In tali casi, concentrarsi sul respiro consente di tornare a qui e ora, ad esempio, o capire come stiamo in quel momento dal punto di vista fisico, emotivo o energetico.
Ma per chi ha già un po’ di esperienza di pratica, è possibile spingersi ben oltre, per lo meno in alcune di queste brevissime occasioni. Invece di accompagnare la respirazione con pensieri in prima persona del tipo “inspiro/espiro”, si può prendere l’abitudine di formulare mentalmente frasi impersonali, come “inspirando/espirando” o “inspirazione/espirazione”.
In tal modo si concentra l’attenzione non sull’atto soggettivo ma su un fenomeno che in fin dei conti può benissimo essere considerato oggettivo. Una serie piuttosto sofisticata di circostanza provoca il movimento dell’inspirazione, che è un movimento per lo più spontaneo, non volontario. L’evolversi di tali circostanze e il sopraggiungere di nuove fa poi sorgere l’espirazione.
Osservando come meri testimoni, se ci riusciamo, impariamo a prendere confidenza con un atteggiamento più equanime, rispetto a quello a cui siamo abituati. Piano piano vedremo quanto quell’atto di respirare non sia “nostro”, ma del tutto impersonale.
Chandra Livia Candiani – La consapevolezza del respiro è di tutti e di nessuno
La consapevolezza del respiro, per Chandra Livia Candiani, è una sorta di rifugio al quale possiamo tornare di continuo, per stabilire con lui una relazione “delicata”, nella quale non c’è possesso. Solo puro conoscere.
La maggior parte di noi inizia un percorso meditativo in cerca di pace. Ma ben presto ci accorgiamo che quello con cui entriamo in contatto è il caos della nostra mente e la ristrettezza del nostro cuore. La pace non è la quiete, è piuttosto l’accoglienza dell’irrequietezza. La meditazione buddhista di visione profonda è un percorso che porta a guardare in profondità fino a vedere in trasparenza la condizione umana, non solo la propria, ma quella che attraverso le miriadi di differenze ci accomuna.
All’inizio, è necessario costruire un nido dentro di noi, traslocare dalla mente discorsiva che costantemente ci descrive i fenomeni e ci racconta tutto quello che siamo stati, che siamo e che saremo, a un nido di silenzio che sta in pieno corpo, è il cuore. Questo trasloco dà una forte sensazione di serenità, di quiete, di essere approdati in un paese senza guerra, e di voler chiedere asilo. Ma è un guaio pensare che quella serenità, quella quiete, siano permanenti ed equivalgano alla pace.
All’inizio del percorso, veniamo invitati a lasciar scorrere i pensieri come nuvole in un cielo ampio, a non credere ai pensieri, e a far ritorno alla consapevolezza, puntuale, precisa, delicata, del respiro. Impariamo a conoscere un amico che nasce con noi e con noi muore, il compagno discreto di tutta una vita che non consideriamo quasi mai. Il respiro è un sensore e imparare a entrare in relazione con lui, fino a una vera intimità, ci permette di conoscere il nostro mondo interno e quello esterno in modo assolutamente diverso dalla conoscenza mentale e anche da quella emotiva che ne avevamo prima.
Meditazione sulla Consapevolezza del Respiro
Questa meditazione guidata pone la consapevolezza sul respiro.
Prima di cominciare, portiamo la nostra attenzione a una corretta posizione del corpo e alla disposizione mentale che ne deriva. La nostra postura dovrebbe essere rilassata, comoda ed equilibrata, e trasmetterci la sensazione di essere seduti con dignità e apertura. Sia che sediamo su una sedia, su un panchetto o su un cuscino, la schiena dovrebbe essere ben dritta, come una freccia, ma non rigida…
In questo modo la parte superiore del torace arretra leggermente e il bacino si flette un po’ in avanti. Così il tronco si alza e si allunga e la pressione sugli organi interni dell’addome (come fegato e intestino) si allenta. Con la schiena dritta, le energie sottili possono circolare liberamente e la mente diventa lucida…
Anche la testa è eretta. Portiamo ora il mento orizzontale e leggermente indietro, fino a percepire una leggera sensazione di pressione sulla laringe. Così facendo la nuca si stira leggermente…
Ora solleviamo leggermente il torace… Allarghiamo le spalle e portiamole leggermente indietro… Le braccia sono rilassate, le mani poggiano sulle cosce o sono raccolte in grembo…
Anche il viso è rilassato, in particolare la fronte e la zona della bocca, in modo da far nascere sul nostro viso un leggero sorriso…
Gli occhi possono essere semichiusi, con lo sguardo rivolto verso il basso, oppure completamente chiusi…
Se siamo seduti su una sedia, i piedi sono appoggiati a terra in modo da percepire il contatto con il suolo. Se siamo seduti su un panchetto, le gambe sono in contatto con il suolo dal ginocchio in giù. Se siamo seduti su un cuscino, sia a gambe incrociate che nella posizione del loto o del mezzo loto, le gambe poggiano a terra dal ginocchio in giù. La nostra posizione ci dà una sensazione di stabilità e di contatto con la terra.
Dopo questa preparazione, portiamo l’attenzione ai tre suoni della campana.
[3 suoni di campana]
In questa postura eretta, ci prendiamo un po’ di tempo per entrare nella meditazione…
Indirizziamo ora la nostra attenzione ai rumori esterni e percepiamoli consapevolmente… Lentamente li lasciamo andare e prendiamo contatto con l’energia della stanza in cui ci troviamo… Percepiamo il contatto con il suolo… Percepiamo il contatto della pelle con i vestiti.
Per i prossimi venti minuti ci diamo il permesso di stare con noi stessi. Va tutto bene, nessuno ci può disturbare, nessuno pretende qualcosa da noi. Così possiamo tranquillamente lasciare andare ogni attività mentale, come desideri, progetti, pensieri di cose irrisolte, ricordi, paure, resistenze e preoccupazioni. Lasciamo andare ogni attaccamento e ogni avversione, e ci soffermiamo in questo stato di equanimità. Permettiamo al a mente di rilassarsi e di calarsi nel suo stato naturale.
Ora portiamo la nostra attenzione al respiro. Seguiamo il suo fluire costante, il suo entrare e uscire, senza influenzarlo. Non facciamo alcuno sforzo né con il corpo né con la mente; restiamo invece completamente rilassati e consapevoli dell’inspirazione e dell’espirazione, senza seguire altri pensieri…
Inspirando so che sto inspirando, espirando so che sto espirando…
Se appare un pensiero, torniamo dolcemente e amorevolmente alla consapevolezza del nostro respiro senza giudicarlo o valutarlo…
Inspiro, espiro…
Prendiamo nuovamente coscienza della nostra postura.
Forse dobbiamo raddrizzare di nuovo la colonna vertebrale e aprire le spalle…
Inspiro, espiro…
Se ci perdiamo nei pensieri, torniamo dolcemente e amorevolmente a noi stessi.
Permettiamo al respiro di seguire la sua propria natura.
Non interveniamo controllando, manipolando o influenzandolo. Lasciamo il respiro semplicemente così com’è.
Inspiro, espiro…
Consentendoci dì tornare sempre al respiro, rafforziamo l’energia della consapevolezza.
Inspiro, espiro…
Se nasce un pensiero o se abbiamo la tendenza ad addormentarci, ricordiamoci di riportare l’attenzione all’inspirazione e all’espirazione. Molto dolcemente e amorevolmente..
Completamente svegli, completamente presenti…
Attraverso la costante osservazione del respiro si rafforza il nostro senso dell’essere presenti..
Inspirando so che sto inspirando, espirando so che sto espirando…
Lasciamo che la mente sì colleghi sempre più al movimento della respirazione.
Per aiutarci possiamo portare per un po’ la nostra attenzione all’addome…
Percepiamo come si solleva inspirando e come si abbassa espirando.
Se questo ci aiuta possiamo appoggiare una o entrambe le mani sul ventre, per seguirne meglio il movimento..
Ci permettiamo di collegarci completamente a questo movimento ondulatorio dell’addome.
Attraverso la continua attenzione al respiro osserviamo come in modo molto naturale esso sia diventato più lungo e profondo,
Fra qualche istante ascolteremo nuovamente i tre suoni della campana e li accompagneremo con il nostro respiro.
Completamente svegli, completamente attenti e completamente presenti per tutta la durata dei tre suoni.
[3 suoni di campana]
Ascolta l’audio della meditazione guidata:
Meditazione tratta dai materiali in uso presso i gruppi della comunità dell’Interessere.
La poesia può costituire un efficace punto di riferimento nella pratica di meditazione. Per le sue caratteristiche di espressione linguistica dal significato non univoco, si presta all’esplorazione. Non un esplorazione concettuale, basata sul ragionamento, ma un entrare in contatto intimo col significato profondo delle parole, un significato che può essere anche senza parole. Il consiglio di Zen in the City è di leggere la poesia 2 volte, in caso anche di più, poi chiudere gli occhi e lasciare per 10 minuti che i versi risuonino all’interno della nostra coscienza.
Stai cercando me? Sono nella sedia accanto
Di Kabir
Stai cercando me? Sono nella sedia accanto.
La mia spalla è contro la tua.
Non mi troverai negli stupa,
o nelle sale dei templi indiani,
non nelle sinagoghe, o nelle cattedrali:
non nelle masse, non nei kirtan,
non nelle gambe che si avvolgono
intorno al tuo collo,
non nel non mangiare nient’altro
che verdure.
Quando mi cercherai veramente, mi vedrai
subito,
mi troverai nella più piccola casa del tempo.
Kabīr dice: Studente, dimmi, che cos’è Dio?
È il respiro dentro il respiro.
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