camminare tra i morti

Che ne diresti di meditare al cimitero? Non è un’idea tanto folle, se ci pensi bene. Il cimitero è già di per sé luogo di raccoglimento; si presta benissimo. E poi i cimiteri stanno dappertutto. Sicuramente ne puoi trovare uno dove andare non troppo lontano da casa, magari approfittando per visitare la sepoltura di qualche persona cara.

Ecco come, stando in un cimitero, possiamo meditare sul legame profondo che ci lega agli uomini e le donne del passato. Lo stesso che ci lega a quelli del futuro, le cui condizioni di vita noi tutti stiamo preparando oggi.

Passeggiando tra le tombe, ci concentriamo inizialmente sul respiro e sui nostri passi, per essere pienamente consapevoli del luogo e del momento in cui ci troviamo. È possibile, come nella meditazione camminata, sincronizzare i passi con il respiro. Poi possiamo recitare una gatha di questo genere:

inspirando, vi sento presenti in ogni cellula del mio corpo;
espirando, so di essere la vostra continuazione.

Questa meditazione rivolta ai morti potrà sembrare bizzarra, se non addirittura macabra. Ma guardando in profondità, si scopre che le cose stanno proprio così. A parte il DNA, che ha molti elementi in comune con queste persone, il nostro modo di essere dipende da tutti coloro che ci hanno preceduti, oltre che, in primis, dai nostri genitori. Se qualcuno non avesse inventato l’automobile, non sarei una persona che sa guidare. Senza i creatori di tanti farmaci, probabilmente sarei già anch’io sotto terra. Devo molto anche agli scopritori delle patate e agli inventori di internet. Ma anche a Gesù, a Dante e a Mazzini, uno di quelli che hanno “fatto l’Italia”. La mia inflessione dialettale è la testimonianza sonora più immediata di questa eredità, che a mia volta sto trasportando verso il futuro, trasmettendola ai miei figli e a tutti coloro che impareranno qualcosa da me.

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Categorie di questo esercizio: Meditazione camminata | Non nascita non morte |
Temi di questo esercizio: morte | non nascita e non morte | pace interiore | quiete |
Autore:
Immagine di copertina: Alberto Burri, Grande bianco B2, 1966