Charlotte Joko Beck – La meraviglia è la natura della vita

meraviglia natura della vita

La meraviglia è la natura della vita, per Charlotte Joko Beck. Se vediamo sempre di più semplicemente meraviglia in ogni avvenimento della vita, bello o brutto che sia, allora capiamo che la nostra è una pratica zen autentica.

Nei colloqui con gli studenti sento molte risposte al perché fanno pratica seduta: “Desidero conoscermi meglio”, “Desidero una vita più equilibrata”, “Voglio una salute migliore”, “Voglio conoscere l’universo”, “Voglio sapere che cos’è la vita”, “Soffro di solitudine”, “Ho bisogno di un rapporto”, “Spero che i miei rapporti migliorino” Queste e altre motivazioni, con variazioni infinite. Sono tutte assolutamente ottime, non c’è niente di sbagliato. Ma, se pensiamo che la pratica seduta serva a realizzare questi obiettivi, non capiamo che cosa stiamo facendo. Certo, dobbiamo cominciare dal conoscere noi stessi, le nostre emozioni e come lavorano. Dobbiamo capire il rapporto tra le nostre emozioni e la salute fisica. Dobbiamo vedere la mancanza di equilibrio e tutto ciò che implica. La pratica seduta tocca ogni aspetto della vita, ma se dimentichiamo una cosa abbiamo dimenticato tutto. Senza di essa, il resto non funziona. È difficile darle un nome. Potremmo chiamarla meraviglia. Se dimentichiamo la meraviglia di tutto ciò che incontriamo, siamo nei guai, la nostra vita non va.

È vero che, con la pratica, siamo più in contatto con le cose di cui ho parlato: emozioni, tensione, salute, e con altri fattori ancora. Finché non sapremo stabilire questo collegamento, la meraviglia non apparirà. Il contatto dev’essere totale, ma solo se non ci agitiamo per tutti quei fattori vedremo la meraviglia. Se ad esempio sono in compagnia di una persona che mi irrita soltanto, ho perso la sua meraviglia. Un altro esempio è la meraviglia di un lavoro che non voglio fare. Ieri ho deciso di pulire l’armadietto sotto l’acquaio, È un lavoro che tendo a dimenticare, ma anche li c’era meraviglia: meraviglia della sporcizia e di tutte le cose che vi ho trovato. La meraviglia non è separata, distinta da ciò che facciamo. Pensiamo alla meraviglia come a uno stato estatico, e può effettivamente esserlo. Attraversare le Montagne Rocciose, volare sul Gran Canyon: questi paesaggi sono così spettacolari che per un attimo ne cogliamo la meraviglia. Sono esperienze con una forte dimensione emotiva. Ma la meraviglia non è solo emotiva, né possiamo trascorrere tutto il tempo in questi stati.

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Potremmo immaginare che la meraviglia sia presente solo in professioni particolari. «Forse per gli artisti e i musicisti è facile vedere la meraviglia. Ma io sono un contabile, dov’è la meraviglia in questo?”. Anche se artisti e musicisti incontrano la meraviglia nel loro campo specifico, forse non la vedono nel resto. Potrebbe sembrare che fisici e scienziati siano lontani dalla meraviglia della vita. Ho frequentato parecchi fisici e ho scoperto che per loro è molto importante trovare soluzioni che siano eleganti. È strano che una parola simile salti su tra calcoli matematici e computer. Una volta chiesi a un fisico perché la usava, e mi rispose: “Per essere buona, una soluzione deve essere elegante”. Insistetti chiedendogli che cosa intendeva, e disse che eleganza significa denudare una cosa fino all’essenza, lasciando da parte le cose inutili. C’è meraviglia in questo. Non sempre la soluzione è vera, e i fisici la accettano in teoria. In un certo senso, nessuna formula è vera. Così come non c’è niente di ‘vero’ per quanto riguarda i rapporti. Ma un rapporto, in questo preciso momento, può essere meraviglia. Se non lo capiamo, non abbiamo capito la pratica.

La pratica non è soltanto essere personalità equilibrate, sane o buone, anche se tutto ciò fa parte della pratica. La pratica è la meraviglia. Se volete sottoporre la vostra pratica a una riprova, la prossima volta che la vita vi presenta qualcosa che non vorreste affrontare, chiedetevi: “Dov’è la meraviglia in ciò?”. Ecco cosa cresce con la pratica: sviluppiamo la capacità di vedere la meraviglia della vita indipendentemente dalla cosa, e senza badare al fatto che ci piaccia o non ci piaccia. Guardando un rapporto in quest’ottica, potremmo dire: “Ti amo per come sei e ti amo per come non sei”. Invece di andare a caccia di difetti: “Parli troppo. Parli troppo poco. Lasci i vestiti in giro. Non pulisci mai il piano della cucina. Mi critichi sempre”, ecco che sorge la meraviglia. “Ti amo per come sei e ti amo per come non sei”.

Come sappiamo se la nostra è una vera pratica? Da una cosa sola: che vediamo sempre di più semplicemente meraviglia. Che cos’è la meraviglia? Non lo so. Non possiamo definirla con il pensiero. Ma la riconosciamo sempre quando è presente.

A volte non vedo per nulla la meraviglia, anche se ci riesco molto meglio di cinque anni fa. Una pratica vera ci porta lungo un continaum verso una consapevolezza sempre maggiore della meraviglia. Non intendo uno stato di beatitudine: può essere semplicemente la meraviglia di incontrare una persona che non ci piace. “Che meraviglia, è semplicemente così com’è!”. Possiamo vederla anche in una persona gravemente ammalata, che può avere una tale presenza da illuminare tutto lo spazio circostante.

Vivendo la vostra giornata, i problemi e le piccole irritazioni, chiedetevi: “Dov’è la meraviglia?”. È sempre lì. La meraviglia è la natura della vita. Se non la sentiamo, continuiamo tranquillamente nella nostra pratica; non possiamo costringerci a sentirla. Possiamo soltanto lavorare agli ostacoli. L’ostacolo è creato da noi, e non da qualcosa che ci è successo. Anche quello fa parte della meraviglia. Se capite di cosa sto parlando, bene. Se non lo capite, bene lo stesso, Entrambe le cose sono parte della meraviglia: sapere o non sapere, un modo o l’altro, è tutto perfetto.

Niente di speciale. Vivere lo zen

Charlotte Joko-Beck, Niente di speciale. Vivere lo zen
Vivere lo zen, secondo l'autrice, non è niente di speciale: solo la vita così com'è, senza più i sogni e le fantasie con i quali cerchiamo ininterrottamente di rimandare l'incontro con il qui, l'ora, il questo. Vogliamo proteggerci dalla realtà, ma la fuga dall'esperienza presente, dall'ordinarietà della vita, ci impedisce di vivere davvero e ci imprigiona in una trappola di frustrazioni. 
Paolo Subioli

Amo questo libro, che trovo uno dei più belli che abbia mai letto, in tema di dharma. Nella sua insistenza a dirci che dobbiamo accogliere tutto della vita, compreso il dolore, Joko Back non fa sconti. Ma la pratica zen che propone è tutto meno che scoraggiante.

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[La foto è di Dziana Hasanbekava, Stati Uniti]

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