
I 12 anelli dell’interdipendenza sono una delle basi dell’insegnamento del Buddha. Thich Nhat Hanh collega questa catena dell’originazione interdipendente, composta da 12 elementi, all’insegnamento sull’interessere.
Tutti gli insegnamenti del Buddha si basano sull’originazione interdipendente. Se un insegnamento non concorda con essa, non è un insegnamento del Buddha. [..]
Il Buddha ha detto che la catena dell’originazione interdipendente ha dodici anelli (nidana). Il primo è l’ignoranza (avidyā). Vidyā significa vedere, comprendere, oppure luce. Avidyā significa mancanza di luce, assenza di comprensione o cecità. Benché l’ignoranza in genere sia al primo posto della catena, questo non significa che sia la prima causa; si può cominciare anche dalla vecchiaia e morte.
Il secondo anello è l’atto di volizione (samskāra), tradotto anche come formazioni, impulsi, energie motivanti, formazioni karmiche, o la volontà di aggrapparsi all’esistenza. Quando abbiamo una carenza di comprensione della situazione, in noi può nascere l’ira, l’irritazione o l’odio.
Il terzo anello è la coscienza (vijnana). Qui “coscienza” significa la coscienza nel suo insieme, sia quella individuale che quella collettiva, mente conscia e coscienza-deposito, soggetto e oggetto. La “coscienza” in questo caso è piena di tendenze non salutari ed erronee connesse con l’ignoranza, che per natura conducono alla sofferenza.
Il quarto anello è l’insieme di mente e corpo, o nome e forma (nāma-rūpa). “Nome”, nāma, significa l’elemento mentale, e “forma” rūpa, l’elemento fisico del nostro essere. Sia il corpo che la mente sono oggetti della nostra coscienza. Quando ci guardiamo una mano, quella diviene oggetto della nostra coscienza. Quando tocchiamo la nostra rabbia, la nostra tristezza o felicità, anche quelle divengono oggetti della nostra coscienza.
Il quinto anello è composto dai sei āyatana, i sei organi di senso: occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e mente, accompagnati dai loro rispettivi oggetti della percezione: forme, suoni, odori, sapori, oggetti della percezione tattile e oggetti mentali. Questi sei āyatana non esistono separatamente dal corpo mente (il quarto anello), ma vengono elencati a parte per aiutarci a vederli con maggiore chiarezza. Quando un organo di senso entra in contatto (sesto anello) con un oggetto della percezione sensoriale, si deve produrre la coscienza sensoriale (che fa parte del terzo anello). Cominciamo a renderci conto quanto inter-siano i dodici anelli della catena, e quanto ogni anello contenga tutti gli altri.
Il sesto anello è il contatto (sparsa) tra gli organi di senso e la coscienza sensoriale. Quando entrano in contatto gli occhi e le forme, le orecchie e i suoni, il naso e gli odori, la lingua e i sapori, il corpo e gli oggetti tattili e la mente e gli oggetti mentali, sorge la coscienza sensoriale. Il contatto è alla base delle sensazioni. Questa è una formazione mentale universale, presente in ogni altra formazione mentale.
Il settimo anello è costituito dalle sensazioni (vedanā), che possono essere piacevoli, spiacevoli, neutre o miste. Quando una sensazione è piacevole, possiamo sviluppare attaccamento (il nono anello).
L’ottavo anello è il forte desiderio, o brama (trsna). Alla brama segue l’attaccamento.
Il nono anello è l’attaccamento (upādāna). Significa essere in preda alla schiavitù degli oggetti.
Il decimo anello è il “venire in essere” (bhava), l’essere o il divenire. Poiché desideriamo qualcosa, questo viene in essere. Dobbiamo osservare in profondità per scoprire che cosa desideriamo veramente.
L’undicesimo anello è la nascita (jāti).
Il dodicesimo anello è la vecchiaia, o decadimento, e la morte (jarāmaraņa).
L’ignoranza condiziona gli atti di volizione. Le azioni della volizione condizionano la coscienza. La coscienza condiziona il corpo-mente, e così via. Non appena è presente l’ignoranza, tutti gli altri anelli – gli atti di volizione, la coscienza, il corpo mente, eccetera – sono già presenti. Ogni anello contiene tutti gli altri. Poiché c’è ignoranza, ci sono atti di volizione; poiché ci sono atti di volizione, c’è coscienza; poiché c’è coscienza, c’è corpo-mente, e così via.
Nei cinque aggregati non c’è nulla che possiamo definire “sé”. L’ignoranza è l’incapacità di vedere questa verità. La coscienza, il corpo-mente, i sei sensi e i loro oggetti, il contatto e la sensazione sono effetti dell’ignoranza e degli atti di volizione. A causa della brama, dell’attaccamento e del venire in essere, ci saranno nascita e morte, che significa la perpetuazione dei giri della ruota o della catena?
Quando gli artisti illustrano i dodici anelli dell’originazione interdipendente, spesso disegnano una donna cieca, a rappresentare l’ignoranza; un uomo che raccoglie frutta nella giungla, o un vasaio al lavoro, per rappresentare gli atti di volizione; una scimmia che afferra questo e quello senza sosta, a rappresentare la coscienza; una barca, per rappresentare il corpo-mente; una casa con molte finestre, alludendo ai sei sensi e ai loro oggetti; un uomo e una donna vicini, per rappresentare il contatto; un uomo trafitto da una freccia, a simboleggiare le sensazioni; un uomo che beve vino, a designare la brama, detta anche sete; un uomo e una donna congiunti in unione sessuale, o un uomo che coglie un frutto da un albero, per rappresentare l’attaccamento o l’avidità; una donna incinta, per il venire in essere; una donna che partorisce, per la nascita; una vecchia che si appoggia a un bastone o un uomo che trasporta un cadavere sulle spalle o sulla schiena, per rappresentare la vecchiaia e la morte.
Spesso gli artisti dipingono i dodici anelli ancora in un altro modo: un embrione nel grembo della madre, per la coscienza; il bambino subito prima della nascita, per il corpo mente; un bambino di uno o due anni, quando la sua vita è dominata dal tatto, per i sei sensi e i loro oggetti; lo stesso bambino da tre a cinque anni, per il contatto; un adulto per il desiderio o l’attaccamento.
I 12 anelli dell’interdipendenza alla luce dell’interessere
L’interessere della foglia e dell’albero è parallelo all’interessere dei dodici anelli dell’originazione interdipendente. Noi diciamo: «L’ignoranza condiziona gli atti di volizione», ma l’ignoranza condiziona anche la coscienza, sia direttamente sia per mezzo degli atti di volizione. L’ignoranza condiziona anche il corpo-mente: se non vi fosse ignoranza nel corpo mente, questo sarebbe diverso da com’è. Anche i nostri sei organi di senso e i sei oggetti della percezione di questi organi contengono ignoranza. La mia percezione di un fiore si basa sui miei occhi e sulla forma del fiore. Non appena la mia percezione si lascia intrappolare dal segno “fiore”, ecco che si è generata ignoranza. Perciò l’ignoranza è presente nel contatto e anche nelle sensazioni, nella brama, nell’attaccamento, nel venire in essere, nella nascita, nella vecchiaia e morte. L’ignoranza non è solo nel passato; è presente proprio adesso, in ognuna delle nostre cellule e in ognuna delle nostre formazioni mentali. Se non ci fosse ignoranza non ci attaccheremmo alle cose. Se non ci fosse ignoranza, non afferreremmo gli oggetti del nostro attaccamento. Se non ci fosse ignoranza, la sofferenza che si manifesta proprio ora non esisterebbe. La nostra pratica è identificare l’ignoranza quando si presenta. L’attaccamento si trova negli atti di volizione, nelle sensazioni, nel venire in essere, nella nascita, nella vecchiaia e morte. Le nostre infatuazioni, il nostro sfuggire a questo per cercare quello, le nostre intenzioni possono essere rintracciate in tutti gli altri anelli della catena. Ogni anello condiziona ognuno degli altri e ne viene a sua volta condizionato.
Se comprendiamo questo possiamo abbandonare l’idea di una catena sequenziale di cause ed effetti ed entrare in profondità nella pratica dei dodici anelli della catena dell’originazione interdipendente. Nonostante nel sutra si dica che la coscienza genera il corpo-mente, che questo genera i sei āyatana, eccetera, dobbiamo capire che si tratta di un modo di dire e nulla più. Dobbiamo vedere i dodici anelli in maniera ampia e aperta.
Consideriamo, per esempio, la brama come frutto delle sensazioni. A volte una sensazione non genera avidità ma avversione. A volte non si accompagna all’ignoranza ma alla comprensione, alla lucidità o alla gentilezza amorevole, e ciò che ne risulta non sarà né brama né avversione. Dire che le sensazioni portano alla brama è un’asserzione non abbastanza precisa: le sensazioni accompagnate da attaccamento e ignoranza generano la brama. Dobbiamo sempre concatenare ognuno dei dodici anelli con tutti gli altri. E questo che intende il Sutra del Cuore nel passaggio che recita: «(…) non c’è originazione interdipendente». I dodici anelli sono “vuoti” perché nessuno di essi esisterebbe se non ci fossero tutti gli altri. Le sensazioni non possono esistere senza brama, attaccamento, venire in essere, nascita, vecchiaia e morte, ignoranza, atti di volizione e così via. In ognuno dei dodici anelli sono presenti gli altri undici. La sensazione può condurre alla brama, all’assenza di brama o all’equanimità.
L’ignoranza è avidyā, mancanza di luce; vidyā significa comprensione o saggezza. Presenza della luce significa assenza di buio; presenza del giorno significa assenza della notte; presenza di ignoranza significa assenza di comprensione. Il Buddha ha detto: «Quando termina l’ignoranza sorge la comprensione». L’ignoranza conduce agli atti di volizione, alla volontà di vivere. Quando sei arrabbiato, vorresti fare qualcosa; ma la comprensione ti fa venire voglia di morire? No, anch’essa porta alla voglia di vivere. Nella comprensione c’è la gentilezza amorevole e la compassione, e quando hai in te compassione, amore e comprensione, desideri fare qualcosa per alleviare la sofferenza. Ira, odio e ignoranza sono forme di energia: anche la comprensione e la compassione lo sono.
L’interessere dei dodici anelli della catena dell’originazione interdipendente
Da un lato, ci sono azioni che mirano all’attaccamento alle cose o alla soddisfazione dei nostri desideri; dall’altro c’è la volontà di essere presenti allo scopo di collaborare ad alleviare la sofferenza. Questa è l’intenzione dei Buddha, dei bodhisattva e di tutti gli “uomini di buona volontà”. In loro c’è amore e comprensione, e di conseguenza la volontà di essere presenti nel mezzo delle sofferenze per portarvi sollievo, conforto e gioia. L’espressione “atti di volizione” o “voglia di vivere” va intesa in questi due modi: 1) vivere allo scopo di provare piacere o di opprimere gli altri, 2) essere presenti allo scopo di portare aiuto. Coloro che operano nel sociale non vanno nelle aree depresse perché desiderano potere o ricchezza: ci vanno perché vogliono rendersi utili, per soddisfare il loro bisogno di dare amore. Anche questo è un atto della volizione.
Quando il Buddha guarda un fiore, sa che il fiore è la sua coscienza. Non c’è nulla di male nell’avere una coscienza: la coscienza è causa di dolore solo quando innaffiamo semi non salutari come l’ignoranza, l’odio, la gelosia, l’ansia. La coscienza è fondamentale per operare distinzioni, per pianificare, essere d’aiuto, lavorare bene. Quel genere di coscienza è presente nel Buddha e nei bodhisattva. Il Buddha ha detto: «Com’è bella la città di Vaiśālī! Ānanda, non trovi splendide quelle risaie? Che dici, scendiamo in città a condividere il Dharma?» Queste frasi hanno come base una coscienza luci da, una coscienza piena di comprensione, cura e amore.
Dobbiamo innaffiare i semi della nostra lucidità mentale. Dentro di noi c’è ignoranza, ma c’è anche saggezza. In ogni anello c’è anche il seme del risveglio. Nel compost sono già presenti i fiori; nei fiori c’è già il compost. Se sappiamo come fare il compost, ben presto si trasformerà in fiori. Se sappiamo curare i fiori, dureranno di più. Non pensare che nei dodici anelli ci sia solo l’ignoranza: c’è anche il seme della saggezza risvegliata. Se butti via i dodici anelli, non avrai i mezzi con cui arrivare alla pace e alla gioia. Non buttare via la tua ignoranza, i tuoi atti di volizione o la tua coscienza: trasformali in comprensione e in altre bellissime qualità.
Come vedi, c’è anche un lato positivo nei dodici anelli, anche se i maestri buddhisti sembrano averlo trascurato fin dai tempi del Buddha.
Da: Thich Nhat Hanh, “Il cuore dell’insegnamento del Buddha. La trasformazione della sofferenza in pace, gioia e liberazione“, Neri Pozza, 2017.
Il cuore dell’insegnamento del Buddha. La trasformazione della sofferenza in pace, gioia e liberazione

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