Abbracciare l’Estinzione: una risposta laica ai cambiamenti climatici

abbracciare l'estinzione

I cambiamenti climatici già in corso, e specialmente quelli catastrofici previsti per il futuro, ci riportano a uno dei più famosi discorsi attribuiti al Buddha, il Sermone del Fuoco. “Tutto brucia!”, aveva detto il grande maestro indiano, vissuto 25 secoli fa. “Mediante cosa brucia? Brucia mediante il fuoco dell’attaccamento, il fuoco dell’avversione, il fuoco della confusione”. Quelle parole risultano quanto mai profetiche oggi, in un mondo che sembra non riuscire a sfuggire a un destino tragico, dominato da forze apparentemente soverchianti.

Quale ruolo può svolgere il Buddhismo in questo scenario? Possono quelle parole essere lo sprone per provare a invertire veramente la direzione? In questo sito abbiamo dato conto, più volte, dell’interesse suscitato da un movimento come Extinction Rebellion tra gli insegnanti e i praticanti delle diverse correnti che si ispirano al Buddhismo, specie in Occidente.

Il ruolo del Buddhismo può essere cruciale, ma a patto che prevalga il suo carattere laico e secolare. Esso ha un potere salvifico che potrebbe essere risolutivo, ma che risiede nel suo essere radicato nei nostri corpi, emozioni e istinti – secondo Stephen Batchelor – piuttosto che nel desiderio di trascendenza ed eternità. Qui sta una discriminante fondamentale, che va anche oltre il Buddhismo stesso, spiegata dall’insegnante inglese, considerato il padre del Buddhismo Secolare, in un articolo pubblicato da Tricycle.

Pubblicità (registrati per non vederla più)

La natura è una gigantesca pompa di benzina

Il nostro rapporto con la tecnologia ha un ruolo decisivo in ciò che sta accadendo. “È facile rimanere abbagliati dalle sonde spaziali che fotografano gli anelli di Saturno o dai computer che eseguono duecento quadrilioni di calcoli al secondo”, dice Batchelor. “Ma tali imprese tecnologiche possono renderci ciechi alla natura stessa della tecnologia”. Il filosofo Martin Heidegger aveva descritto, nel 1955, la tecnologia come una struttura che stabiliva “una relazione completamente nuova dell’uomo con il mondo e il suo posto in esso. Il mondo ora appare come un oggetto aperto agli attacchi del pensiero calcolatore, attacchi a cui nulla si crede più in grado di resistere. La natura diventa una gigantesca stazione di benzina, una fonte di energia per la tecnologia e l’industria moderne”. Sganciati dal nostro rapporto con l’ambiente naturale, il mondo diventa per noi luogo di gratificazione dei nostri desideri o una fonte di problemi da risolvere. Le tecnologie sono ormai parte integrante del nostro modo di pensare.

La stessa meditazione non sfugge del tutto a questa logica, nel momento in cui, ad esempio, la vipassana viene definita quale tecnica di meditazione. “La sofferenza umana”, evidenzia Batchelor, “viene concepita come un problema che può essere risolto ricorrendo alla corretta applicazione di una tecnica interiore”. Le tradizioni buddhiste concepiscono le stesse quattro nobili verità come una sorta di trattamento medico. “Il dottore (il Buddha) diagnostica ciò che non va in te (nascita, malattia, invecchiamento, morte), ne determina le cause (desiderio e ignoranza), offre una cura (nirvana) e prescrive un corso di terapia (l’ottuplice sentiero), che, se seguito con successo, porta alla fine completa della sofferenza”.

L’urgenza di pensare in modo contemplativo

Eppure lo stesso Heidegger, di fronte alla corsa all’armamento nucleare, aveva avvisato che il più grande pericolo per l’umanità è che la tecnologia prevalga come unica forma di pensiero, facendoci perdere la caratteristica più tipicamente umana: quella di essere “esseri contemplativi”. Da qui l’urgenza di mantenere vivo il pensiero contemplativo.

“Pensare in modo più contemplativo” – argomenta Batchelor – “significa rallentare e recuperare il nostro radicamento sulla Terra, il che ci permette di riflettere e mettere in discussione che tipo di esseri siamo e come vivere al meglio in questo mondo”. Non dobbiamo cercare altre tecniche per risolvere i nostri problemi.

I Quattro Compiti di fronte alla crisi ambientale

L’atteggiamento proposto dal Buddha è quello delle quattro nobili verità, che Batchelor, nel suo libro Confessione di un ateo buddhista“, aveva definito come i Quattro Compiti, formulandoli in questo modo:

  1. abbracciare la sofferenza;
  2. lasciare andare le nostre emozioni reattive;
  3. vedere il fermarsi della reattività;
  4. rispondere con cura.

Come si applicano i quattro compiti all’attuale crisi ambientale? Di fronte a un’emergenza climatica che minaccia la vitalità della vita intelligente sulla Terra, ciò comporterebbe:

  1. abbracciare la possibilità di estinzione;
  2. non essere paralizzati dalla paura dell’estinzione stessa;
  3. dimorare in uno spazio di consapevolezza senza paura;
  4. da lì, rispondere in modo appropriato al minacce che devono affrontare noi e le generazioni future.

Questo è ciò che per Batchelor significa prendersi cura. Le  ultime parole registrate di Gotama (il Buddha) furono: “Le cose cadono a pezzi; percorri il sentiero con cura.”

Focalizzarsi su ciò che conta veramente

Tale approccio cozza con quello più tipicamente religioso, che cerca la salvezza in una dimensione diversa da questa nostra vita terrena. Anche tra i buddhisti è presente un orientamento alla trascendenza, che vede come unica cosa importante il nirvana, inteso come liberazione dal ciclo delle rinascite. Ma è in questa vita che dobbiamo cercare la risposta giusta, consapevoli della sua fugacità, che si contrappone alla certezza della morte. La tradizionale meditazione sulla morte potrebbe essere riformulata in questo modo:

L’estinzione è certa;
Il tempo dell’estinzione è incerto;
Come dovremmo vivere adesso?

Proprio come la morte focalizza l’attenzione su ciò che conta di più per me come individuo, l’estinzione focalizza l’attenzione su ciò che conta di più per noi come specie. “Abbracciando l’estinzione”, dice Batchelor, “diventiamo intensamente consapevoli di essere creature complesse – che pensano, sentono, percepiscono e si prendono cura di noi – le quali sono emerse da milioni di anni di evoluzione per selezione naturale. In quanto animali consapevoli di sé stessi, contemplare l’estinzione può significare per noi aprirci allo stupore, quasi religioso, per la grandezza dell’essere vivi”.

Questo radicamento nell’essere presenti a questa vita così com’è, potrebbe essere visto agli antipodi di un atteggiamento religioso. Ma il desiderio di trascendenza può benissimo convivere con un appassionato amore per il mondo, per Batchelor, purché si affronti questa crisi con la serietà che merita, allineando i propri pensieri e le proprie azioni. Abbiamo bisogno di una visione del mondo coerente per fornire una base razionale ed etica al nostro comportamento.

Prendersi cura gli uni degli altri

L’insegnante inglese ci esorta a fare nostre le parole di Buddhadāsa (1906 – 1993), secondo il quale anche la cessazione temporanea di un’emozione reattiva è il nirvana. Tale nirvana è disponibile per tutti, buddhisti e non buddhisti, allo stesso modo. È qui che possiamo riposarci con naturalezza tra momenti di stress e turbolenza. Esso sostiene la vita stessa. Anche gli animali.

L’attuale pandemia di coronavirus ci ha costretto a fermarci e ci ha fatto intravedere la possibilità di rispondere con cura e non con reattività ai maggiori problemi che gravano su di noi. Proprio come il virus (dal latino virus, «veleno») è un veleno che si insinua nei nostri corpi, no stessi umani siamo veleni per la Terra. Ci insinuiamo ovunque e non siamo mai stanchi di deprivarne le risorse vitali. Ma pur essendone consapevoli, non riusciamo a farne a meno, perché la nostra mente, a sua volta, è gravata dai tre veleni (cupidigia, odio e ignoranza), che si autoalimentano e si riproducono. “Dal punto di vista di Gotama, la pandemia più insidiosa è quella che è sempre stata con noi ma che non riusciamo a notare”, dice Batchelor. “Come medico, Gotama tratta questa reattività virale prescrivendo la ‘medicina’ del dharma e stabilendo una comunità di persone che si prendono cura le une delle altre”.

Queste parole risuonano con quelle di Jem Bendell, che parla di adattamento profondo alla crisi ambientale, basato sull’accettazione, la resilienza e la compassione.

“Il dharma ci chiede di lasciarci alle spalle le consolazioni della metafisica” spiga Stephen Batchelor, “di abbracciare la vita in tutta la sua complessità, agonia e bellezza, di immunizzarci contro i virus nelle nostre menti e, in modo cruciale, di immaginare come le comunità umane potrebbero prosperare in un mondo cambiato radicalmente. Esso richiede il recupero della nostra natura di esseri contemplativi, aperti al mistero di essere qui, acutamente consapevoli della nostra inseparabilità dalla biosfera che ci sostiene e da tutte le altre forme di vita”.

La salvezza individuale è inseparabile da quella di tutti gli altri esseri. Il potere salvifico di quella che Stephen Batchelor chiama “fede secolare” risiede nel suo essere radicata nei nostri corpi, emozioni e istinti, piuttosto che nel desiderio di trascendenza ed eternità. In questo contesto, la tecnologia stessa può essere d’aiuto, purché la adottiamo quale strumento di cura – come stiamo facendo con la pandemia – anziché di sfruttamento.

Per approfondire:

cambiamenti climatici

mente contemplativa

nirvana

Stephen Batchelor – Testi scelti in italiano e libri

Buddhismo Secolare

[La foto è di Tatiana Syrikova]

You need to login or register to bookmark/favorite this content.

Pubblicità (registrati per non vederla più)

Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *