
Di solito le persone pensano che i loro antenati siano morti, ma non è esatto. Visto che noi siamo qui, vivi, i nostri antenati continuano a vivere in noi. Hanno trasmesso sé stessi a noi, con i loro talenti, le loro esperienze, la loro felicità, la loro sofferenza. Sono pienamente presenti in ogni cellula del nostro corpo. Nostra madre, nostro padre, sono dentro di noi. Non possiamo separarli da noi.
Quando ascoltiamo la campana possiamo invitare tutte le cellule del nostro corpo a unirsi a noi nell’ascolto, cosa che al contempo possono fare anche tutti gli antenati di tutte le generazioni. Se sappiamo ascoltare, la pace può penetrare in ogni cellula del nostro corpo. E non soltanto noi godiamo della quiete, del rilassamento, ma tutti i nostri antenati dentro di noi arrivano a godere del magnifico momento presente. Forse, nella loro vita, hanno conosciuto parecchia sofferenza e non hanno avuto molte occasioni di gioia. In te hanno questa occasione.
In genere pensiamo all’ascolto come all’ascolto di quanti ci circondano, ma ne esistono altri tipi. Come menzionato in precedenza, ascoltare noi stessi è il primo passo per riuscire ad ascoltare bene gli altri. Ciò che troviamo, se ascoltiamo dentro di noi, non è una singola voce distinta, non è un sé distinto che è semplicemente spuntato dal nulla. Questa è una delle intuizioni che scaturiscono dalla pratica della consapevolezza. Scopriamo come siamo profondamente connessi a chiunque sia giunto prima di noi per consentirci di manifestarci. Siamo una comunità di cellule, e tutti i nostri antenati si trovano dentro di noi. Possiamo sentirne le voci, dobbiamo solo ascoltare.
Da: Thich Nhat Hanh, Il dono del silenzio, Garzanti, 2015.
Per approfondire:
Thich Nhat Hanh – Biografia, libri e testi selezionati
[Ringraziamenti: a Nicola Bianchi, per la segnalazione di questo brano]Zen in the city. L’arte di fermarsi in un mondo che corre

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